Quelli di una certa età, ricorderanno certamente una frase che i nostri vecchi ripetevano spesso: «È peggio del '29!...» Volevano dire che non c'era stato un anno peggiore del 1929, quello del crollo di Wall Street. A sentire loro, sembrava quasi che l'autunno di novant'anni fa fosse stato ancora più nero dei tempi delle due guerre mondiali del XX secolo. Eppure proprio la stagione della Grande Depressione (tocchiamo ferro, di questi tempi) era cominciata, almeno nel nostro Paese, nel migliore dei modi con i Patti Lateranensi tra la Chiesa e l'Italia, un accordo che era composto da tre parti: il Trattato, che istituiva la Città del Vaticano, il Concordato, che regolava i rapporti tra il Belpaese e la Santa Sede, e l'accordo finanziario che prevedeva un indennizzo a favore del papa per la rinuncia a qualsiasi rivendicazione sullo Stato Pontificio.
Un' intesa storica - quella raggiunta da Mussolini e dal cardinale Pietro Gasparri, il segretario di Stato di Pio XI, papa Ratti che poneva fine a tante lotte e tensioni cominciate nel 1849 con la Repubblica Romana. Proprio in questi giorni è uscito il libro Mondadori che ho scritto su tale accordo, «Quei Patti benedetti», con la postfazione del cardinale Gianfranco Ravasi. Nel saggio mi sono chiesto cosa restasse oggi della Conciliazione, perché l'11 febbraio del 1929 ha riportato solo per poco tempo il sereno nei rapporti tra la Chiesa e i Savoia. Un sereno variabile che è tornato dopo la caduta del fascismo e della monarchia con il Concordato del 1984 sotto la regia di Bettino Craxi.
La «santa alleanza» ha rappresentato, ad ogni modo, il punto più alto nella popolarità di Mussolini in Italia. È vero che i giornali stranieri furono molto critici sull'intesa (e, con una certa perfidia, in quello stesso anno, senza l'autorizzazione del duce, venne pubblicato all'estero, in inglese, il suo vecchio romanzo d'appendice «Claudia Particella l'amante del cardinale» in cui gli uomini di Chiesa non facevano certo una bella figura), ma nel nostro Paese le lodi per Benito si sprecarono. E l'ex mangiapreti socialista, con un abile mossa politica che conquistò anche le simpatie di tanti cattolici, diventò addirittura «l'uomo della Provvidenza» come venne definito dallo stesso Pio XI all'indomani dell'accordo. In effetti, anche se la madre era stata sempre donna di fede, il giovane Mussolini non aveva perso occasione per manifestare il suo ateismo. Salito, però, al potere, aveva decisamente invertito la rotta: nel 1925 obbligò sua moglie Rachele al matrimonio religioso facendo venire di soppiatto il prete in casa, a Milano, mentre lei, da buona romagnola, stava preparando le tagliatelle con il mattarello.
Già prima delle leggi razziali del 1938 il grande idillio era comunque terminato e, quasi per giustificare le tante marce indietro dopo l'11 febbraio, il duce ricorse al paragone della luna di miele tra due giovani: .
Ma, al di là di qualche nube, i Patti Lateranensi hanno funzionato. Non è un caso che il cardinale Ravasi, nella postfazione al libro, abbia riportato una frase di Martin Luther King: «La Chiesa non è la padrona o la serva dello Stato, ma è la sua coscienza».
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