"Questa è politica fatta con altri mezzi. Non giornalismo"

Il giurista: "Inchiesta sotto copertura? Così si violano i codici deontologici"

"Questa è politica fatta con altri mezzi. Non giornalismo"
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Il professor Felice Giuffrè, ordinario di Diritto costituzionale all'Università di Catania e membro del Csm, a tutto campo sull'inchiesta di Fanpage, sotto il profilo deontologico.

Professore, l'inchiesta di Fanpage è una forma di «giornalismo sotto copertura» o qualcosa di diverso?

«Mi lasci fare una doverosa premessa: ogni forma di antisemitismo, anche ove sia malcelato all'interno di ritualità pseudo-goliardiche o da stadio va ritenuto intollerabile e sradicato senza indecisioni. Hanno fatto bene i vertici di FdI ad intervenire immediatamente. Quanto al giornalismo sotto copertura mi pare che sia lo stesso Codice deontologico dei giornalisti, all'art. 2 a prescrivere che il giornalista debba raccogliere le notizie rendendo note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta. Lo stesso Codice, inoltre, prescrive che il giornalista debba astenersi dall'utilizzo di artifici, oltreché da pressioni indebite. Si prevede una deroga solo nel caso in cui la rivelazione dell'identità del giornalista determini un rischio per la sua incolumità, tale da rendere impossibile la ricerca delle notizie. Si tratta del caso in cui, ad esempio, un giornalista si infiltri in una organizzazione criminale; ipotesi che è, invero, assai distante da quella di cui ci stiamo occupando».

Ma ci si può infiltrare all'interno di un partito per mettere in piedi un'inchiesta giornalistica?

«Come ho già detto, non credo affatto che un partito e, a maggior ragione, una organizzazione giovanile di un partito possa rientrare nei casi che giustificano l'attività sotto copertura del giornalista. Peraltro, nelle organizzazioni giovanili dei partiti le attività coinvolgono molto spesso soggetti minori. Pertanto, in base al Testo unico dei doveri del giornalista, quest'ultimo è tenuto a rispettare anche le particolari cautele previste dalla Carta di Treviso, proprio a protezione di minorenni».

Giorgia Meloni ha sostenuto che non è mai accaduto prima nella storia della Repubblica.

«In effetti, non ricordo nemmeno io un caso simile nella storia repubblicana. Mi pare che questo caso sia solo l'ultimo, certamente molto grave, di una serie ormai lunga di violazioni dei doveri dell'art. 2 del Testo unico che ho sopra richiamato. Sembra quasi che alcuni parafrasando von Clausewitz interpretino l'attività giornalistica come una prosecuzione della politica con altri mezzi. Questo atteggiamento svilisce la professione giornalistica e non ha nulla a che vedere con la libertà di informazione. Mi pare, piuttosto, una forma di imbarbarimento del confronto politico».

La premier ha invocato il presidente della Repubblica in relazione all'infiltrazione nei partiti.

«Il capo dello Stato svolge una funzione di garanzia e di intermediazione che si estende a tutti i soggetti dell'ordinamento. Il richiamo alla correttezza e al rispetto dei doveri di solidarietà politica nel confronto democratico tra i partiti e le forze sociali è frequente nei richiami del Presidente. Proprio la solidarietà politica, evocata nell'art. 2 della Costituzione, impone l'impegno di ciascuno a non superare certi limiti nella lotta politica (cosa che accade troppo spesso da un po' di tempo). I partiti devono assicurare che i propri iscritti rispettino i principi che costituiscono il minimo denominatore della convivenza. Allo stesso modo, la stampa deve esercitare il proprio ruolo con trasparenza e correttezza, senza travalicare i limiti segnati dalle leggi dello Stato e dal proprio statuto deontologico».

Una provocazione: prendiamo il caso Watergate. Perché l'inchiesta di Fanpage sarebbe differente?

«Beh, a parte il fatto che il metodo delle intercettazioni illegali suscitò enormi polemiche negli Stati Uniti all'epoca del Watergate.

Piuttosto, per replicare alla provocazione mi piace rispondere ricordando alcuni dei tanti martiri del giornalismo italiano, che hanno pagato con la vita la loro trasparente dedizione al servizio dell'informazione, in Italia e all'estero: Ilaria Alpi, Beppe Alfano, Giancarlo Siani, Walter Tobagi, Maria Grazia Cutuli, Almerigo Grilz. Mi sembrano questi i veri modelli da invocare».

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