Un regolamento di conti fra baby criminali che si contendono la piazza di spaccio. È la pista seguita dagli inquirenti che danno la caccia agli assassini di Emanuele Tufano, il 15enne ucciso mercoledì notte con un colpo di pistola alla schiena in vico Carminiello al Mercato, davanti la chiesa di Santa Maria alla Scala, all'angolo con il «Rettifilo». Interrogati per ore i due principali sospettati, 15 anni uno, 17 l'altro.
La polizia, coordinata dalla Dia insieme con la Procura di Napoli e quella dei Minori, li ha individuati attraverso le riprese delle telecamere piazzate su alcuni esercizi commerciali, i negozi che danno su quei 200 metri maledetti teatro del drammatico inseguimento a colpi di pistola fra le due gang di ragazzini. A uccidere Tufano, in particolare, sarebbe stato il 15enne. I due minori, dopo il faccia a faccia con i magistrati, sono stati inseriti nel registro degli indagati, a piede libero, e rilasciati.
Quasi ininterrotto, in Questura, il via vai di giovani dei «quartieri», fra questi il fratello di Emanuele, che gravitano tra Forcella e il rione Mercato. La piazza che il gruppo di Tufano avrebbe «scippato» all'altro. E che l'altra notte ha reagito con la massima violenza alle prepotenze del primo. Si cerca di chiarire il movente che ha scatenato la reazione durissima. Secondo una prima ricostruzione sarebbe stato il gruppo della vittima a sparare per primo per spaventare l'altro. Immediata la risposta dei rivali, armati fino ai denti, che hanno esploso i primi colpi in direzione dello scooter con a bordo Tufano e i due amici di 14 e 17 anni finiti poi in ospedale. Una pioggia di proiettili, almeno 20, esplosi da due armi durante la fuga dei primi tre.
Una guerra fra «batterie» criminali per il controllo totale del centro storico di Napoli su droga ed estorsioni. Niente di nuovo, se non fosse che l'età media dei protagonisti non arriva a 16 anni. Alla ricostruzione dello scontro armato culminato nell'omicidio del ragazzino mancherebbero ancora alcuni elementi, anche se sarebbero pochi i dubbi sui responsabili. I due indagati, del resto, non avrebbero un alibi e il loro motorino sarebbe quello ripreso delle telecamere.
Agli uomini della squadra mobile e della Dia la ricerca di riscontri fra le dichiarazione messe a verbale dai due e i dati certi. Mancherebbe la prova regina basata sulla comparazione balistica fra le ogive repertate e le armi che hanno sparato. Emanuele è incensurato, studente la mattina, meccanico al pomeriggio.
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