"Raffreddore" Omicron, "si va verso l'immunità" (con l'incognita varianti)

Bassetti: "In primavera con il 95% di immuni". Il nodo mutazioni: a Cipro spunta Deltacron

"Raffreddore" Omicron, "si va verso l'immunità" (con l'incognita varianti)

Prende strada tra gli scienziati l'ipotesi che la nuova priorità non sia più impedire le infezioni, ma i ricoveri. Ne sono convinti gli esperti di Oltreoceano, visto che la variante Omicron ormai ha cambiato la logica di approccio al virus, ovvero non tanto cercare di bloccare il contagio ma «tenere le persone fuori dall'ospedale», afferma Michel Nussenzweig, immunologo della Rockefeller University di New York. La «nuova normalità» potrebbe prevedere, come per l'influenza, «la somministrazione di una dose ai soggetti vulnerabili prima dell'inizio della stagione invernale», aggiunge Scott Hensley, immunologo dell'Università della Pennsylvania. Così mentre in Israele prosegue la campagna sulla quarta dose, in Usa la considerano utile per le persone ad alto rischio ma «non è realistica, non sostenibile a lungo termine» e «ha poco senso dal punto di vista scientifico» sottoporre l'intera popolazione a un richiamo ogni pochi mesi», sottolineano vari esperti al New York Times.

Se una campagna di richiami può alleviare la pressione sul sistema ospedaliero, l'incremento dell'immunità resta comunque transitorio. La scelta migliore sarebbe quindi affidarsi a un vaccino spray, che blocchi il virus nelle vie aeree superiori, oppure uno ad hoc per Omicron, senza rincorrere una nuova variante, che buchi in parte l'ultimo ritrovato. Proprio ieri è stata individuata Deltacron, una variante che mette insieme Delta e Omicron. La scoperta è dell'Università di Cipro, identificati 25 casi, più alti tra i pazienti ricoverati, rispetto a quelli con sintomi lievi. Con ottimismo Mike Tildesley, dell'Università di Warwick e consigliere di governo inglese, ritiene che in futuro potrebbe emergere «una nuova variante meno grave grazie alla quale, nel lungo termine, il Covid diventerebbe qualcosa di simile al comune raffreddore». Intanto dati dal Sudafrica, pubblicati sull'International Journal of Infectious Diseases, dicono che i pazienti con Omicron sono stati dimessi dopo una media di 4 giorni rispetto a 8,8 giorni delle varianti precedenti; il tasso di mortalità è 5 volte inferiore. La nuova variante, dunque, sta modificando l'approccio della lotta al coronavirus, perché se da un lato i dati confermano una minore gravità rispetto a Delta, soprattutto tra i vaccinati («ma non significa che debba essere categorizzata come lieve: causa ricoveri e uccide», ricorda l'Oms), dall'altra rappresenta sempre una minaccia per la tenuta delle strutture ospedaliere, poiché «quando il numero di casi aumenta in modo così significativo, è probabile che molte più persone con malattie gravi finiscano in ospedale o addirittura muoiano», spiega Catherine Smallwood dell'Oms.

Per adesso i dati ci dicono che nella prima settimana dell'anno, sono stati registrati in media oltre 2 milioni di casi di Covid al giorno nel mondo, il doppio dell'ultima settimana del 2021, ma i decessi sono scesi ai minimi da ottobre 2020 (6.237 al giorno); i positivi accertati a livello globale sono inoltre aumentati del 270%. Per l'Italia significa che il tempo di raddoppio di circa 7 giorni lascia prevedere circa 400mila casi al giorno, ma per registrarli sarebbero necessari circa 2 milioni di test ed è quindi probabile che «i numeri saranno sottostimati: non sapremo quanti casi ci saranno e la foto dell'epidemia potrà basarsi solo sui ricoveri», afferma il fisico Giorgio Sestili. Così per ora nessuno è in grado calcolare quando arriverà il picco. L'ipotesi sottostimata è che i contagi «siano più di 150mila al giorno e che nei prossimi 20 giorni possano diventare complessivamente 3 milioni», ognuno dei quali metterebbe in isolamento o quarantena 3 o 4 persone le quali, «da qui a fine gennaio potrebbero essere fra 7 e 12 milioni in Italia, mai così tante in un lasso di tempo così breve».

Numeri esponenziali che, considerando quelli dei veri contagi, due o tre volte più alti di quanto rilevato dal tampone rapido con i falsi negativi, «vuol dire che verosimilmente nella prossima primavera noi avremo

oltre il 95% degli italiani che, tra vaccinazioni e infezione naturale, avranno raggiunto l'immunità di gregge», ipotizza Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova.

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