Cinque edizioni e 110mila copie vendute. Sono trascorsi appena cinque mesi dall'uscita di Metti via quel cellulare (Mondadori), l'ultimo libro di Aldo Cazzullo scritto con i due figli Francesco e Rossana.
Poi i tuoi ragazzi lo hanno messo via quel cellulare?
«Scrivere il libro insieme è servito sia a loro che a me. Ora Francesco e Rossana lo usano più coscienziosamente e io ho imparato cose che ignoravo».
Ad esempio?
«Che il dialogo è prezioso».
Quindi sei d'accordo con l'appello rivolto ad Apple da due suoi azionisti per «difendere i bambini dai telefonini».
«Sì. Ma posso aggiungere una considerazione?».
Certo.
«Meglio tardi che mai...».
In che senso?
«Il problema della dipendenza dei più giovani dagli smartphone è vecchio».
Ma lo abbiamo ignorato.
«Eppure i segnali d'allarme c'erano tutti».
Nell'appello rivolto ad Apple si parla di «depressione e suicidi».
«Anche senza arrivare a tanto, sono evidenti i deficit di attenzione e la difficoltà di contrarsi da parte della generazione dei nativi digiti».
Tu l'hai definita «generazione con lo sguardo basso».
«Per loro, in verità, il cellulare è uno specchio».
Che riflette cosa?
«Opportunità meravigliose, ma anche rischi bruttissimi».
Dimmene uno?
«La solitudine».
Narcisi (o zombie?) che vagano con lo «sguardo basso» sul telefonino e le cuffiette nelle orecchie.
«Io propongo che, almeno un orecchio, resti libero».
Motivo?
«Per non perdere completamente il contatto con la realtà, quella vera, non quella virtuale. Magari per ascoltare i suoni della città. Magari per sentire la voce di uno che ti rivolge la parola».
Altre situazioni critiche?
«Alla presentazione del mio libro si è avvicinato un agente della polizia postale. Le sue parole mi hanno fatto riflettere».
Cosa ti ha detto?
«Che tra i ragazzi è in voga una nuova prova d'amore: quella di scambiarsi foto intime».
Il famigerato sexting.
«Un tempo le ragazze nascondevano il diario chiuso con il lucchetto. Ne erano gelosissime. Guai a toccarglielo. Ora non dico di tornare al diario col lucchetto, ma bisogna avere coscienza che quello che finisce nel mare procelloso della rete rimane a galla per sempre. Immagini private che possono riemergere dopo anni, rovinando esistenze o carriere professionali.
Ti è mai capitato di vedere ragazzi, gli uni vicini agli altri a pochi centimetri di distanza, i quali invece di parlarsi si messaggiano?
«Sì. Ed è impressionante».
Cosa possiamo fare noi genitori?
«Dare il buon esempio. E capire».
Capire cosa?
«Partirei dal senso di una battuta di Altan».
Quale battuta?
«È record, ogni cellulare possiede un italiano...».
Invece dovremmo essere noi a possedere lui.
«La rete è lo spazio della libertà. Offre tantissime occasioni. Ma da sfruttare al meglio».
Meglio una partita a pallone in cortine o un videogame?
«La risposta la conosci benissimo».
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