Ieri con le dimissioni di Carlo Fuortes si è chiuso il capitolo della Rai espressione delle larghe intese di Draghi e si è aperta l'era della televisione meloniana. Una tv che - nelle intenzioni - vuole dare voce a chi si è sentito poco rappresentato negli ultimi anni. Soprattutto gli esponenti di Fratelli d'Italia che sognano da decenni di arrivare sugli scranni della prima azienda culturale italiana.
Ma in Rai, se non sono complicate, le cose non si fanno. Si attendevano dimissioni «pacifiche» dell'amministratore delegato dopo che il Consiglio dei ministri giovedì scorso con un decreto ad hoc (limite d'età a 70 anni) ha liberato apposta per lui la poltrona di sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli scatenando la furia dell'attuale dirigente Lissner che ha annunciato ricorso. Anche perché per settimane si è raccontato che l'ad non si sarebbe mosso finché non gli fosse stata trovata una sistemazione di pari grado. E, il governo, non potendo dimetterlo, l'avrebbe convinto a rassegnare il mandato esaudendo i suoi desideri. «Non ci sono più le condizioni - ha scritto Fuortes - per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021». E po ha aggiunto: «Non posso, pur di arrivare all'approvazione in Cda dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti - sebbene ovviamente legittimi - di linea editoriale e una programmazione che non considero nell'interesse della Rai». Insomma, non proprio parole pacifiche di un manager che si appresta a ricevere la fiducia per altri incarichi pubblici, con Giorgia Meloni che in serata ha replicato: «Ha scelto lui di dimettersi, non ha ricevuto pressioni».
Tra l'altro Fuortes ha aggiunto: «Il mio futuro professionale è di nessuna importanza di fronte a queste ragioni e non può costituire oggetto di trattativa». Queste ultime parole hanno scatenato rumors sul fatto che non si appresterebbe a prendere la direzione di Napoli, ma potrebbe andare verso altri incarichi. In ogni caso Lissner lascerà solo il 10 giugno. Anche per questo ha sorpreso la celerità con cui il manager si è dimesso: si pensava aspettasse di avere la certezza del posto al San Carlo. Ma gli è stato fatto capire che o si dimetteva subito o doveva restare in Rai fino a fine mandato, tra un anno, con il cda quasi tutto contro, scioperi aziendali e multe Agcom in arrivo. E, pare, che non avesse più neppure l'appoggio pieno del Pd che temeva di vedersi addossare la responsabilità della mala gestione aziendale. In ogni caso, qualunque sia il futuro di Fuortes, ora in Rai si apre un nuovo capitolo. Entro pochi giorni, si porterà a compimento la procedura della nomina del nuovo ad nella persona di Roberto Sergio, attuale direttore della radiofonia e manager Rai da molto tempo. Prima l'indicazione da parte del Mef, poi il voto in Cdm, poi la presa d'atto dell'assemblea della Rai e infine la votazione in Cda Rai. A quel punto si procederà con la nomina di Giampaolo Rossi, uomo di tv molto vicino a Giorgia Meloni, come direttore generale.
A cascata si procederà a cambiare la scacchiera delle direzioni editoriali e di corporale. Primo passo urgente mettere a punto i palinsesti della prossima stagione. Poi il piano industriale e il contratto di servizio.
Nei punti nevralgici arriveranno dirigenti e giornalisti vicini al centrodestra: Gian Marco Chioggi, attuale direttore di Adnkronos, al Tg1 al posto di Monica Maggioni, Nicola Rao agli approfondimenti (che controlla tutti i talk), all'Intrattenimento Prime Time Marcello Ciannamea e a quello Day Time Angelo Mellone.
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