Non c'è domenica che non faccia ingrossare la giugulare ai vertici Rai. Non c'è lunedì senza che qualche esponente politico ne chieda la testa, in senso metaforico, o non invochi dei provvedimenti contro di lui. Sigfrido Ranucci da tempo si è preso la missione di far saltare i nervi ai pezzi grossi del Paese (più a destra che a sinistra): per lui è libero giornalismo d'inchiesta, per gli avversari «sciacallaggio» e «pattumiera». Tutto questo si traduce in una situazione devastante e imbarazzante per l'ad Giampaolo Rossi (foto) e per il direttore degli approfondimenti Paolo Corsini, manager nominati da una maggioranza che vorrebbe vedere Report uscire dai palinsesti o, almeno, essere messo sotto controllo. Sono tra l'incudine e il martello: se osano mettere becco nelle scelte del programma, immediatamente scatta l'accusa di censura, se non lo fanno scatta quella di «incapacità di fermare una deriva».
Insomma, la domanda che tutti si pongono è: fin dove si vuol spingere Ranucci? Perché tenta di alzare sempre di più la posta? Tempo fa era circolata la voce - o la speranza - che fosse in trattativa per lasciare la Rai e dirigersi verso La7 o addirittura verso Discovery nell'ipotetica nuova «Cnn» - se mai si farà - con una medaglia di «perseguitato» appuntata sul petto. Un percorso simile a quello degli altri «martiri» come Fazio o Augias. Ma non pare proprio che questo sia il desiderio di Sigfrido che, nonostante le lamentele, da quando sono in carica i nuovi vertici ha visto aumentare il numero delle puntate del suo programma, proprio a causa delle dipartite dei colleghi. E pure lo spostamento alla domenica non gli ha provocato danni: viaggia su uno share del 7/8 per cento come testimonia anche la puntata di domenica su Dell'Utri e Berlusconi (1.340.000 spettatori pari al 7,3 per cento).
I suoi nemici, allora, hanno pensato e ripensato varie soluzioni per mettergli la sordina. Una ipotesi avanzata è togliergli la manleva, cioè la tutela legale dai rischi penali ed economici, in modo che il giornalista paghi di tasca propria in caso di querele perse. Ma i vertici Rai hanno fatto notare che se si fa per lui, si deve fare per tutti i giornalisti. Un'altra idea emersa nelle scorse settimane verte sul doppio ruolo di Ranucci che è sia conduttore sia vice-direttore ad personam: esiste una vecchia direttiva (ritirata fuori dall'attuale presidente facente funzioni Marano) che lo impedirebbe. A parte il fatto che non se ne è più parlato, l'idea sarebbe quella di de-potenziare il giornalista, ma in ogni caso potrebbe continuare a tenere la guida del programma.
Insomma: se qualcuno si mettesse in testa di fermarlo, l'unica possibilità sarebbe affidare ad altri la conduzione del
programma (i cui diritti appartengono alla Rai), ma questo provocherebbe un tumulto di grandi proporzioni. La guerra di logoramento (riuscita con colleghi che hanno scelto l'addio) sembra invece dargli più energia che stanchezza.
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