Se per Locke si può conoscere il diritto naturale solo grazie alla ragione naturale, per comprendere i motivi di una legge paradossale, e dunque innaturale, si dovrà fare uno sforzo e abbandonare, per un attimo, la ragione. Vestire i panni del legislatore, inventarsi qualche motivo per cui una regolamentazione europea dei discorsi di odio online sia diventata non lo strumento per contrastare una «rimozione insufficiente di contenuti illegali» ma un modo di «rimuovere eccessivamente contenuti legali».
È la conclusione del recente report condotto da The Future of Free Speech, un think tank con sede all'Università Vanderbilt, Preventing Torrents of Hate or Stifling Free Expression Online?, che mirava a indagare e gli interventi Ue sulla libertà di espressione sui maggiori social, da Facebook a YouTube, a partire dall'attuazione del Digital Service Act (Dsa). La ricerca mostra come tra l'88,5% e il 99,7% dei commenti eliminati siano permessi dalla legge. Una non notizia. Qualsiasi sia la fonte della censura, l'inquisizione agisce sempre in modo sovradimensionato. Se si avverte un problema, poniamo la stregoneria, e si decide di legalizzarne la persecuzione, allora di lì a poco si moltiplicherà il numero di streghe.
E mentre ci si preoccupa dei cosiddetti algoritmi stupidi, che finiscono per bloccare anche i contenuti sani, come al solito non ci preoccupiamo dei legislatori stupidi, al principio della catena di attacchi alla libertà di espressione e, grazie a noi, anche al vertice della catena alimentare, che ci vede ostaggio perenne delle istituzioni centrali.
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