La tassa sugli «extra profitti» rischia di scatenare una rivolta all'interno del sistema economico e produttivo nazionale. L'idea di tagliare del 10% gli utili straordinari macinati negli ultimi tempi dai big dell'energia ha messo sul chi va là Confindustria, che contesta sia il metodo, sia la base di calcolo scelta. Questa - in attesa di conoscere i dettagli - sembra individuata genericamente sulla differenza di perimetro tra i margini correnti (ultimi sei mesi) e quelli registrati un anno prima; e non mirata invece alle differenze che si creano sul mercato tra i prezzi di produzione e di approvvigionamento reali e quelli marginali, molto elevati, praticati in questo periodo a causa della guerra in Ucraina. La delusione si somma a quella espressa sia dal vicepresidente di Confindustria per le filiere e le pmi, Maurizio Marchesini, sia da Assopetroli, per la riduzione delle accise. Un provvedimento che non ha nulla di strutturale e che come tale non è giudicato idoneo a sollevare le sorti di un'industria nazionale la cui bolletta energetica è passata da 8 a 37 miliardi tra 2019 e 2021. Per i petrolieri, poi, il taglio delle accise già pagate nella merce stoccata produce una sua immediata svalutazione che al momento non si capisce come compensare.
Ma l'attenzione si rivolge ora alle singole aziende e ai mercati finanziari: all'apertura odierna della Borsa Italiana bisognerà vedere come reagiranno i titoli energetici, a cominciare dai big a controllo pubblico Eni ed Enel. Il Cane a sei zampe, che tradizionalmente si allinea alle decisioni del governo, ha appena presentato le sue stime sul mercato senza che il suo ceo Claudio Descalzi abbia lanciato proposte sul caro energia. Mentre il suo omologo a Enel, Francesco Starace, non è favorevole alla tassa sui profitti, avendo invece proposto la strada del tetto al prezzo del gas. In ogni caso, a ieri, né Eni né Enel avevano ancora calcolato a quanto ammonterà la nuova tassa: sono in corso valutazioni e se ne saprà qualcosa di più nella giornata di oggi. In ogni caso il prelievo sarà in parte una partita di giro: tagliando i profitti si incide sulla cedola che incassa il Mef sulla quota che detiene: il 30,3% di Eni il 23,6% di Enel.
In attesa di saperne di più, è facile che l'apertura dei listini di oggi diventi un rebus anche per le utility (A2a, Iren, Hera e Acea, chi più chi meno), per altri produttori (Edison, Erg o Falck) e per petroliferi come Saras. Mentre i business cosiddetti regolati, cioè per le società che trasportano e distribuiscono gas o megawatt, come Snam, Terna o Italgas, non sono previste conseguenze.
In definitiva quello che si deve capire è da dove arriveranno i 4 miliardi che
il governo intende ricavare dalla tassa sugli extraprofitti. La quale, avendo un'aliquota del 10%, si dovrà riferire a una base imponibile di circa 40 miliardi. È questo il cuore del rebus da risolvere nelle prossime ore.
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