È ormai al crepuscolo l'era del reddito di cittadinanza grillino. Entro quest'anno, infatti, vedrà la luce la cosiddetta Mia, misura di inclusione attiva che andrà a incarnare la riforma promessa durante la campagna elettorale. Il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, guidato da Marina Elvira Calderone, a seguito delle indiscrezioni giornalistiche sulla bozza della riforma, ha specificato ieri con una nota che non è possibile considerarla «come un valido testo di riferimento» poiché prima occorrerà un «confronto tecnico con altri ministeri, le regioni, i comuni e gli enti competenti». Ma sta di fatto che l'obiettivo sarebbe portare l'impianto della riforma all'esame del Consiglio dei ministri nel giro di un paio di settimane per l'approvazione del decreto. Le interlocuzioni con Chigi e il Mef, infatti, sono già in corso e all'approdo in Cdm l'impianto sarà cosa fatta.
Insomma, anche se la bozza circolata nei giorni scorsi, e anticipata dal Corriere della Sera, non può essere considerata definitiva, quel che è certo è che il vecchio impianto del reddito di cittadinanza non si vedrà più a partire con la fine di quest'anno. Gli occupabili, esauriti i 7 mesi di reddito per quest'anno, scaduta la prestazione dovranno presentare la domanda per la nuova Mia. Il vecchio reddito è pesato sulle casse dello Stato, calcola il Codacons, 27,8 miliardi dal marzo del 2019 fino a oggi con un costo annuale tra i 7 e gli 8 miliardi di euro. La nuova riforma dovrebbe garantire un risparmio annuale fra i 2 e i 3 miliardi e punta ad avere un maggiore impatto sull'inserimento al lavoro, vero tallone d'Achille della misura grillina. Da quanto si apprende, cambia la soglia Isee per accedere: 7.200 euro contro 9.360 euro. Il reddito massimo sarà di 6mila euro e il calcolo privilegerà le famiglie numerose. Queste soglie sono le più indiziate a eventuali modifiche, poiché coinvolgono le coperture della nuova misura di contrasto alla povertà.
Ma come funzionerà ? Le platee sono famiglie povere con persone occupabili e non occupabili. Per i cosiddetti abili al lavoro (300 mila nuclei monofamiliari e 100mila nuclei con più membri) cambia parecchio rispetto a prima. Il sussidio durerà solo un anno, contro i 18 mesi attuali, dopodiché a seguito della pausa di un mese si potrà continuare per altri sei mesi, poi lo stop di un anno e mezzo prima di poterlo chiedere nuovamente. La sforbiciata all'assegno è del 25%, con un massimo di 375 euro se non si hanno a carico disabili, minori o anziani over 60. Dopo la verifica dei requisiti, i richiedenti dovranno firmare una dichiarazione di disponibilità al lavoro. Il ministero realizzerà, poi, una piattaforma a cui sarà obbligatorio iscriversi per poter ricevere offerte di lavoro congrue, si perderà il diritto all'assegno anche dopo un solo rifiuto. I percettori saranno inoltre sotto l'ala dei centri per l'impiego e verranno coinvolte anche aziende private, che dovrebbero incassare un incentivo per ogni occupato anche a termine o part-time. Tra le novità, la possibilità di cumulare fino a 3mila euro di redditi da lavoro stagionale senza perdere il sostegno. E per venire incontro ai rilievi europei ed evitare procedure d'infrazione, il Mia sarà richiedibile da residenti in Italia da almeno 5 anni (non più dieci).
Le famiglie senza occupabili potranno avere 500 euro al mese (per un single)
e dopo 18 mesi la durata del sussidio scende a 12 mesi (prorogabile ogni anno con un mese di stop). Allo studio una quota aggiuntiva nel caso si debba pagare un affitto, da modulare in base alla numerosità della famiglia.
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