La procura egiziana dichiara, con un comunicato nero su bianco, tante fandonie, ma annuncia anche una possibile verità sul caso Regeni. La tortura e il brutale omicidio dello studente friulano puntavano a «rovinare le relazioni in crescita tra l'Egitto e l'Italia».
Il corpo è stato fatto ritrovare proprio il 3 febbraio durante una missione economica italiana al Cairo. La procura è convinta della tesi del complotto di «parti ostili a Egitto e Italia che vogliano sfruttare» il caso di Giulio Regeni «per nuocere alle relazioni» tra i due Paesi. Curioso che il lungo e duro comunicato sia stato reso noto alla vigilia dell'arrivo della fregata europea multi missione «Spartaco Schergat» venduta all'Egitto da Fincantieri assieme a un'altra Fremm per 1,2 miliardi di euro. La nave militare dovrebbe attraccare oggi ad Alessandria, salpata da La Spezia.
La procura egiziana purtroppo continua a battere sul depistaggio della banda di criminali comuni, che avrebbero rapito e ucciso Regeni facendolo trovare apposta vicino a una sede della sicurezza del Cairo. Per questo, sostenendo di aver sentito 120 testimoni, il procuratore generale Hamada al Sawi respinge i risultati dell'inchiesta italiana. «La procura ha esaminato le accuse dall'autorità investigativa italiana a quattro ufficiali e un agente di polizia e ha finito per escludere tutto ciò che era stato loro attribuito - si legge nel comunicato di rottura - Ed è emerso che tutti i sospetti presentati erano il risultato di conclusioni errate, illogiche e inaccettabili dalle norme penali stabilite a livello internazionale».
In pratica la procura del Cairo si chiude a riccio e sostiene che «attualmente non esiste una base per procedere sull'omicidio di Regeni» perché «non si conosce l'identità dell'autore del crimine». Una posizione smentita dalle prove raccolte dalla procura di Roma, che difficilmente possono essere messe in dubbio. E che infatti scatena la reazione della Farnesina, che definisce «inaccettabili» le dichiarazioni della procura egiziana.
Gli egiziani ammettono, pure, che Regeni era stato messo «sotto osservazione» da parte della sicurezza egiziana, ma «tuttavia il suo comportamento non è stato valutato dannoso per la sicurezza generale e, quindi, il controllo è stato interrotto». Gli investigatori italiani sono convinti che il ricercatore sia stato prelevato dalla polizia segreta e poi portato nel quartiere generale della National security dove l'hanno torturato e ucciso.
Il Cairo cita i contatti, veri, di Regeni con alcuni gruppi politici e sindacati ai quali avrebbe detto che potevano avere un ruolo nel cambiare la situazione in Egitto. Le reazioni non si sono fatte mancare, soprattutto a sinistra. «Inaccettabili dichiarazioni della procura egiziana.
Sostenere che non si conosce chi ha ucciso Regeni cozza con tutti gli accertamenti dei magistrati italiani» scrive su Twitter il deputato Pd Piero Fassino, in un messaggio rilanciato dal segretario Nicola Zingaretti. A sinistra si invoca l'intervento del governo e dell'Unione europea.
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