Regionali, chi ha vinto e chi ha perso

Chiuse le urne, è tempo di bilanci per le varie forze politiche. Il pareggio 3-3 alle Regionali ha consentito a tutti di dichiararsi vincitori, anche se non tutti lo sono. Ecco il pagellone de ilGiornale.it

Regionali, chi ha vinto e chi ha perso

Chiuse le urne, è tempo di bilanci per le varie forze politiche. Il pareggio 3-3 alle Regionali ha consentito a tutti di dichiararsi vincitori. Il M5S, che è uscito con le ossa rotte dal voto locale, si consola con il risultato del referendum sul taglio dei parlamentari. Ma ora vediamo nel dettaglio chi ha vinto e chi ha perso questa tornata elettorale.

Luca Zaia 8 Il governatore uscente si conferma il ‘doge di Venezia’ per la terza volta consecutiva. Sia nel 2010 sia nel 2015 aveva vinto con uno scarto di circa 30 punti percentuali, ma ieri ha superato se stesso arrivando al 76,8%, una cifra record mai conseguita prima da nessun altro presidente di Regione. Da segnalare il 45% ottenuto dalla sua lista personale.

Giovanni Toti 7 Il governatore uscente si riconferma alla guida della Liguria, incrementando notevolmente il suo consenso. Cinque anni fa aveva vinto con il 34% dei consensi e con un distacco di 7 punti dalla renziana Raffaella Paita che perse a causa delle divisioni tutte interne alla sinistra. In questa tornata elettorale Pd e M5S aveva siglato un accordo per sostenere il giornalista del Fatto Quotidiano Ferruccio Sansa, ma Toti è riuscito a batterlo 56 a 39. La sua lista Cambiamo è la prima forza della Regione con il 22%.

Nicola Zingaretti 7 Il segretario del Pd si conferma il “gastone” della situazione grazie a un insperato pareggio agguantato grazie all’inattesa vittoria di Michele Emiliano in Puglia. Alla vigilia del voto, anche dentro le stanze del Nazareno, c’era chi temeva una sconfitta in Toscana, ma la sua chiamata alla armi contro “l’avanzata delle destre” è stata provvidenziale per la tenuta del governo nella terra di Dante Alighieri.

Giorgia Meloni 6,5 Fratelli d’Italia ha incrementato i suoi voti in tutte le Regioni italiane, decretando ufficialmente il sorpasso sul M5S. Sorpasso che pone FdI come terzo partito italiano. Le Marche sono l’unica Regione che il centrodestra è riuscito a strappare alla sinistra proprio grazie alla vittoria del deputato meloniano Francesco Acquaroli. Unica, ma fatale pecca è stata la scelta di riproporre Raffaele Fitto alla guida della Puglia. L’europarlamentare ha dimostrato di avere ancora un consistente bacino di voti, ma è stato penalizzato dal voto di disgiunto.

Giuseppe Conte 6 La maggioranza che lo sostiene, grazie al Pd, ottiene un pareggio alle Regionali che ha il sapore della vittoria. Lui, a parte essersi timidamente espresso a favore del sì, non ha mosso un dito e, senza apparenti meriti, godrà dei dividendi di questa tornata elettorale. Potrà, inoltre, guardare con più tranquillità al 2023 senza la spada di Damocle delle elezioni anticipate. La legislatura è salva, ma il Pd, dopo il tonfo del M5S, pretenderà di dettare l’agenda di governo. Il Mes tornerà a dividere la maggioranza.

Michele Emiliano 6 Ha vinto sovvertendo tutti i pronostici e nonostante avesse contro sia i renziani sia i grillini. Si riconferma presidente della Puglia grazie al voto disgiunto. A tal proposito, il messaggio fatto girare dai suoi sostenitori via WhatsApp a poche ore dal voto è stato inopportuno e denota una grande mancanza di stile. Nulla di grave, però, se confrontato con le assunzioni elargite last-minute con tanto di pergamena. Emiliano, pur di vincere, le ha provate tutte e ci è riuscito. Ora dovrà essere in grado di tenere insieme una maggioranza che va dall’estrema sinistra a esponenti dell’estrema destra come il sindaco di Nardò. Auguri...

Matteo Salvini 5,5 Il pareggio era l’unico risultato che avrebbe voluto evitare, ma si consola ripetendo ad ogni intervista che il centrodestra ora governa 15 Regioni su 20. Non gli riesce il “colpaccio” in Toscana e subisce una grave emorragia di voti soprattutto al Sud. Si intesta la vittoria in Veneto ricordando che tutti i candidati della lista di Zaia sono esponenti politici iscritti alla Lega. La sua leadership, per ora, non è in discussione dal momento che la Meloni è cresciuta, ma non ha sfondato e Zaia, al momento, sembra intenzionato a restare in Veneto.

Luigi Di Maio 5 Si intesta la vittoria del sì al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, ma scarica le responsabilità per la sconfitta alle Regionali sulle spalle del reggente Vito Crimi. Il M5S non entra nel consiglio regionale del Veneto e risulta ininfluente per le tre vittorie del Pd.

Beppe Grillo 4 È entrato nella contesa politica solo per imporre un candidato comune dei giallorossi nella sua Regione. La scelta è ricaduta sul giornalista del Fatto Quotidiano, Ferruccio Sansa, che si è fermato al 39%. In Liguria, proprio come in Umbria, l’alleanza Pd-M5S non funziona, ma il comico genovese continua a incaponirsi per renderla strutturale, quando ormai i grillini si avviano all’irrilevanza.

Matteo Renzi 3 Il leader di Italia Viva sperava di diventare il nuovo “Ghino di tacco” della politica italiana, ma non è stato determinante neppure nella sua Toscana.

Risultati molto deludenti al Nord e persino in Puglia dove i renziani hanno schierato il fedelissimo sottosegretario agli Esteri, Ivan Scalfarotto, nella vana speranza di far perdere il governatore Emiliano. Obiettivo mancato. A un anno dalla sua nascita, Italia Viva è già destinata a perire?

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