Le ordinanze di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Liguria, Abruzzo, Toscana, Marche ed Emilia Romagna, dove c'è stato un allentamento delle misure di sicurezza legate all'emergenza Covid-19, hanno creato un braccio di ferro tra il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia e le Regioni. Tanto che ieri è arrivata la strigliata ai vari presidenti.
In Veneto i cittadini già si spostano sull'intero territorio per andare nelle seconde case di proprietà o per recarsi nei porti per la manutenzione delle imbarcazioni. In Liguria, Abruzzo, Marche ed Emilia Romagna i residenti hanno già avuto l'ok all'acquisto del cibo col metodo del take away, in Toscana riparte la filiera della manutenzione del settore tessile, mentre in Friuli ci si può già muovere per l'attività fisica ben oltre i 500 metri da casa consentiti. Insomma, passi avanti «non autorizzati» dal governo rispetto alle altre regioni italiane.
Boccia ha proposto il metodo delle «ordinanze regionali coerenti con il decreto della presidenza del Consiglio». E ha minacciato ritorsioni: «Se ci sono ordinanze non coerenti invio una diffida, una lettera con la scheda indicando le parti incoerenti e la richiesta di rimuoverle (solo in caso di allentamento delle misure). Se non avviene sono costretto a ricorrere all'impugnativa al Tar o alla Consulta». Un ricorso alla Corte costituzionale che potrebbe dare qualche grattacapo ai presidenti regionali. Coloro che non seguiranno i dettami governativi si dovranno assumere, per il ministro, «la responsabilità dell'aggravamento della condizione sanitaria del proprio territorio». Per questo ha chiesto «grande senso di responsabilità. Tutti - ha precisato - vorremmo tornare a vivere come prima, ma senza vaccino sarà impossibile, dobbiamo imparare a convivere con il virus. Il governo, come ha fatto nella prima fase con il lockdown, continuerà a indicare la rotta alle Regioni». E ha proposto ai governatori di «rafforzare la sanità territoriale».
A controbattere è arrivato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia: «I veneti - ha chiarito - non sono irresponsabili, sono persone per bene. Ma le ordinanze già firmate non saranno revocate». Anzi, è possibile che in autonomia ne faccia altre. «Non è un atto sovversivo - ha precisato - Ormai abbiamo capito che i problemi di questo Paese sono il Veneto. Non ho bisogno di visibilità, non ho voglia di fare scalate nazionali, lasciateci lavorare in pace». Per poi aggiungere: «Il governo ha l'obbligo della vigilanza, di intervenire impugnando le ordinanze. Ma lo deve fare con tutti quelli che le hanno fatte e non per colore politico». I presidenti delle Regioni governate dal centrodestra e il presidente della provincia di Trento hanno scritto al presidente della Repubblica e alle più alte cariche del governo e dello Stato per chiedere che «la struttura dell'ultimo Dpcm sia riformata perché non è dotata della necessaria flessibilità per riconoscere alle Regioni la flessibilità di applicare regole meno stringenti». Chiedono inoltre che per le attività commerciali, industriali e produttive si possano definire le aperture in base alla capacità di rispettare e far rispettare le misure di sanità pubblica.
Il ministro ha annunciato oltretutto che saranno chiesti alle Regioni «report quotidiani sui contagi, sul livello del parametro di trasmissibilità del virus, sui posti letto nelle terapie intensive e subintensive che non vanno ridotti. In base a questi dati si potrà decidere se allentare qualche stretta. Il Covid non è stato sconfitto».
In base ai risultati del monitoraggio «ci potranno essere dal 18 maggio scelte differenziate» tra Regione e Regione legate alle riaperture di negozi, servizi e imprese. «Contagi giù - spiega Boccia - uguale più aperture e viceversa. Definito il monitoraggio si potrà procedere a differenziazioni».
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