Renzi-Merkel nulla di fatto: solo tante chiacchiere

Il faccia a faccia tra Renzi e Merkel non è decisivo. Restano le distanze su immigrazione, flessibilità e Turchia

Renzi-Merkel nulla di fatto: solo tante chiacchiere

"Non su tutto siamo d'accordo, anche per l'appartenenza a diverse famiglie politiche, ma il nostro avversario oggi è lo stesso: il populismo". Dopo il braccio di ferro a distanza con i vertici dell'Unione europea, Matteo Renzi si è presentato a Berlino da Angela Merkel per ricucire. "Viviamo in un momento di gradi sfide - rassicura la cancelliera - c'è uno spirito europeo che ci unisce". Ma l'unità è solo di facciata. Perché, aldilà delle lodi di circostanza al Jobs Act e alle riforme avviate a Roma, sui temi cruciali la distanza resta poderosa. Laddove Renzi difende Schengen e la libera circolazione, la Merkel sottolinea l'importanza di difendere i confini esterni dell'Unione. Laddove la cancelliera chiede soldi per la Turchia, il premier prende tempo aspettando i chiarimenti di Bruxelles. Ma è soprattutto il nodo della flessibilità a dividerli. "Io non mi immischio - si chiama fuori la Merkel - decide la Commissione Ue".

"Renzi vuole sedere al tavolo del potere". Il New York Times legge il cambio di strategia di Roma come un stratagemma per "fare in modo che la voce dell'Italia venga sentita e presa sul serio" in Europa. "Il premier italiano - scrive il quotidiano statunitense - alimenta tensioni nella sua ricerca di un posto ai vertici dell'Unione". Ma i risultati sono prossimi allo zero. Al netto delle chiacchiere al termine del bilaterale di Berlino, Renzi e la Merkel non hanno raggiunto alcun accordo. Le distanze erano e rimangono forti. L'Unione europea evapora proprio per colpa dell'inerzia fin qui mostrata da Paesi come Italia e Germania che, insieme alla Francia, avrebbero dovuto essere i pilastri di una vigorosa politica di contrasto agli scafisti e l'illegalità degli ingressi in Europa. Mentre gli immigrati continuano ad arrivare in Europa, la Merkel non sa fare altro che proporre la protezione delle frontiere esterne dell'Ue.

Nello specifico i due leader restano profondamente divisi. Alla Germania, che da mesi ha chiuso le frontiere stracciando di fatto il trattato di Schengen, Renzi torna a difendere la libera circolazione: "Se l'Europa perde Schengen perde sè stessa: ogni sforzo che possiamo fare per mantenere vivo l'ideale europeo va fatto insieme". Anche sui 3 miliardi di euro che Bruxelles vuole dare al premier turco Recep Tayyip Erdoğan per fermare l'invasione restano le diffidenze italiane. "L'Italia è da sempre disponibile - prende tempo Renzi - aspettiamo che le istituzioni europee ci diano risposte sul modo di intendere e concepire questo contributo".

Gli stessi giri di parole usati da Renzi per non dare i soldi alla Turchia li usa la Merkel per scansare il nodo flessibilità. È un problema tutto italiano e Berlino non vuole averci niente a che fare. "Chiediamo che le regole Ue che esistono siano applicate - dice il premier - non chiediamo nuove regole". Poi non manca di lanciare una stoccata alla Commissione Ue: "La flessibilità era una condizione per l'elezione di Juncker. Io non ho cambiato idea, spero che non lo abbia fatto nemmeno lui".

Dalla cancelliera, per, non arriva alcun assist: nella guerra contro Juncker e gli euroburocrati lascia Renzi solo in campo. "Non mi immischio in queste cose - mette in chiaro - è compito della Commissione Ue decidere l'interpretazione".

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