Da Nordio a Piantedosi, dalla titolare del Lavoro Calderone a quello della Salute Schillaci, fino a Raffaele Fitto: c'è mezzo governo Meloni, alla festa di Matteo Renzi.
L'ex premier li ha corteggiati e incalzati, nelle scorse settimane, per farli salire sul palco della tre giorni di Italia viva, che si è aperta ieri pomeriggio all'ombra del castello di Santa Severa. Un po' per attirare i riflettori mediatici sull'evento, un po' per sottolineare la differenza di stile con il Pd di Schlein (che alla Festa dell'Unità non ha voluto nessun interlocutore esterno alla sinistra). E un po' per continuare ad alimentare, non la nota agilità tattica, il mistero e la curiosità sulle sue future mosse: che farà Renzi? «Ormai vuole andare a destra e insinuarsi nella maggioranza di Giorgia Meloni», accusano dal centrosinistra (incluso l'ex alleato Calenda). Da destra scuotono la testa: «Giorgia mica è fessa come Conte, che prima si è affidato a Renzi pur di fare il bis e poi si è lasciato cucinare come un pollo e cacciare da Palazzo Chigi», dice un esponente di Fdi.
Ma in casa renziana si assicura: «Matteo ha un solo orizzonte in testa, per il momento: le elezioni europee, e lo sbarramento del 4% da superare». Ai suoi l'ex premier lo ha spiegato chiaro: «La luna di miele di Meloni è finita, le difficoltà della maggioranza sono destinate a crescere. Ma questo governo non salterà né oggi né nel prossimo anno, mentre noi alle Europee ci giochiamo tutto: o la va o la spacca». Renzi ha lanciato (con largo anticipo) la sua lista «Il Centro», e preannunciato la propria candidatura per Strasburgo. Ha alimentato una pubblica competizione con Antonio Tajani con l'obiettivo di attirare un pezzo di elettorato della Forza Italia post-Berlusconi, e nel suo comizio finale di domani si prepara ad attaccare duramente il governo Meloni «dal centro». Ma in realtà si tiene tutte le strade ancora aperte, e non esclude neppure il ritorno ad una lista comune del Terzo Polo, con Calenda e Più Europa di Emma Bonino, sotto le insegne della macroniana Renew Europe: «Sarebbe un suicidio rinunciare a un potenziale 7/8% tutti insieme per rischiare di perdere divisi», ragiona Roberto Giachetti. Non a caso nessuno ha più sollevato la questione della separazione dei gruppi parlamentari di Iv e Azione.
E ieri i renziani sottolineavano con esultanza i risultati dei contributi volontari ai partiti tramite 2x1000: «Abbiamo nettamente superato sia Lega che Fi, e doppiato Azione di Calenda: solo Pd, Fdi e M5s raccolgono più preferenze di noi».
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