Per Silvio Berlusconi è una questione di prestigio e di identità. Il ministero della Giustizia dev'essere di Forza Italia, perché quella è la battaglia che più ha caratterizzato il partito e segnato la sua vita personale.
A Giorgia Meloni, nell'incontro di lunedì a via della Scrofa, ha detto che per lui è importante che a via Arenula vada la senatrice e avvocato matrimonialista Maria Elisabetta Alberti Casellati. Prima donna arrivata al vertice del Senato, ex sottosegretario alla Giustizia oltre che alla Sanità, già membro laico del Csm e da ultimo candidata di Fi al Quirinale, ha le carte in regola per il governo «di alto profilo» di Meloni. La premier in pectore secondo Fi non si è opposta, ma ha spiegato che il suo preferito è l'ex magistrato di Venezia, Carlo Nordio e ha proposto a Berlusconi di conoscerlo per farsi una sua idea, anche lui è stato candidato al Colle, ma da Fdi.
Dunque, il nodo della Giustizia è ancora da sciogliere, all'indomani della pace ritrovata tra il Cavaliere e l'attuale leader del centrodestra diretta a Palazzo Chigi e rischia di provocare nuove tensioni. Berlusconi è convinto che la risposta alla sua pressante richiesta sia stata sì. Mentre dall'altra parte non arrivano conferme, anzi per Casellati si parla del ministero delle Riforme.
Arrivando nel primo pomeriggio al Senato, per l'elezione della nuova capogruppo di Fi Licia Ronzulli, il leader azzurro appare di ottimo umore e racconta del giorno prima: «Lei mi ha chiesto di essere suo consigliere e le ho detto che sono assolutamente a disposizione!». Quanto all'altra richiesta della leader di Fdi, il Cav ribadisce: «Nordio lo incontro oggi (ieri, ndr), perché mi piace parlarci. Noi abbiamo detto alla Giustizia c'è l'ex presidente del Senato Elisabetta Casellati. Su questo c'è l'accordo. Meloni ha suggerito soltanto: c'è Nordio che è bravissimo, vedilo, magari ti convinci che è la scelta giusta. Io lo stimo, darà il suo contributo, ma sono già convinto della Casellati, conosco le cose da fare come riforma della giustizia». L'incontro poi non ci sarà, anche se il neodeputato Nordio, interrogato dai giornalisti alla Camera, dice: «Se Berlusconi vuole incontrarmi sarà un grande piacere e un onore. Ma finora non l'ho sentito». A Montecitorio il vicepresidente azzurro Antonio Tajani, indicato come vicepremier e ministro degli Esteri, si schermisce. «Si stanno parlando Berlusconi e Meloni. Ci sono ancora 2-3 giorni. Io non ho partecipato a nessuna trattativa».
Come ha fatto a via della Scrofa, l'ex premier vuole sottolineare che la poltrona di Guardasigilli sarebbe, in qualche modo, un «risarcimento» per il trattamento degli azzurri poco equo rispetto al Carroccio, che ha anche avuto la presidenza della Camera. «I ministeri - racconta ai suoi- erano 4 e sono saliti a 5, ma lei deve imparare da capo di un governo ad usare il condizionale, quando parla agli alleati. Dire: Il Senato mi piacerebbe tenerlo per Fdi e non Il Senato è mio. Noi abbiamo chiesto 3 ministeri, mi ha riso in faccia, ne ho chiesti 2, ha riso ancora, ne ho chiesto 1, ha detto ok. Questa è la situazione che ho trovato». Tutto quello che è successo dopo, per Berlusconi, è una conseguenza della «profonda amarezza per come sono stati distribuiti i collegi uninominali, con meno parlamentari della Lega e per questo abbiamo dato giovedì un segnale, chiediamo pari trattamento». Il Cav si riferisce al mancato voto di Fi per Ignazio La Russa presidente del Senato e agli appunti duri su Meloni, ma assicura: «Non c'è uno scostamento sui programmi e sulle persone. Non c'è mai stata una distanza tra noi e la signora Meloni: ho un rapporto di amicizia con lei, mio figlio ha un rapporto di amicizia, il suo uomo lavora a Mediaset, sono tanti i punti di contatto».
Prima di andare alla Camera dal nuovo presidente dei deputati azzurri, Alessandro Cattaneo, l'ex premier dice: «Ho insistito che tutte le cariche che vengono date in maggioranza siano secondo il
numero degli elettori. Noi abbiamo 170mila elettori in meno soltanto della Lega, invece hanno tirato fuori una formula per cui abbiamo 20 deputati e 10 senatori in meno, che non corrispondono alla differenza di elettori».
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