Restano 4 i super latitanti nel mirino: il sardo Cubeddu e tre soldati dei clan

Il carceriere di Soffiantini ricercato tra la sua terra e la Corsica. Poi gli "operai delle stragi" Motisi, Cinquegranella e Bonavota

Restano 4 i super latitanti nel mirino: il sardo Cubeddu e tre soldati dei clan

Wanted, dead or alive. Attilio Cubeddu dell'Anonima Sarda, il killer di mafia Giovanni Motisi, quello di camorra Renato Cinquegranella e lo 'ndranghetista calabrese Pasquale Bonavota. Eccoli, i nuovi superlatitanti «di massima pericolosità» da intrappolare. Il «fantasma» sardo che fu carceriere di Giuseppe Soffiantini è ricercato tra Corsica, Spagna, Germania, Sud America e Sardegna, dove conta un network di fiancheggiatori. C'è anche chi pensa sia morto, ma tant'è. Bonavota, Motisi e Cinquegranella sono sanguinari soldati, assassini pericolosissimi che si sono macchiati di omicidi orrendi: spessore criminale certo, capacità di leadership poca. Lo Stato avrà più tempo per occuparsi di loro, ora che Matteo Messina Denaro è in galera.

La fine della latitanza della Primula rossa di Castelvetrano (Trapani) segna però una decisa sterzata nella gerarchia delle organizzazioni criminali che tengono in ostaggio il Sud, ma non solo. Indebolita dalle inchieste e dalle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, oggi decapitata e a caccia di una leadership, Cosa nostra da tempo ha abdicato al suo ruolo di «prima» mafia, conquistato stabilmente dalla 'ndrangheta calabrese.

Qualche anno fa il pm Giuseppe Lombardo che da anni dà la caccia a una presunta Spectre politico-affaristico-mafiosa, intervistato da Klaus Davi per Gli Intoccabili, si era lasciato sfuggire questa frase: «Non escludo che la 'ndrangheta stia aiutando la latitanza di Messina Denaro». Una circostanza che è impossibile escludere del tutto, visti i rapporti sempre più stretti tra le mafie delle due sponde dello Stretto, confermate da recenti indagini. Il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri è da tempo convinto che ormai la 'ndrangheta sia il vero referente delle famiglie americane, visto il sostanziale monopolio sul traffico di droga, «trattata» direttamente con il Sud America e a volte «rivenduta» a Cosa nostra (vedi la vecchia l'indagine sulla mafia dei Nebrodi a Messina). La scomparsa di un punto di riferimento legato alla mafia storica potrebbe aver reciso definitivamente quel cordone ombelicale. Lo scopriremo presto.

La 'ndrangheta non ha affatto problemi di leadership, anzi: tante famiglie storiche convivono sostanzialmente sullo stesso piano, senza un capo dei capi ma con una serie di figure autorevoli a fare da raccordo. Il resto lo fa la presenza capillare in tutto il mondo e una 'ndrangheta di alto livello (la Santa) autorizzata a trattare con il lato oscuro dell'economia, della politica, dei servizi segreti e della massoneria, a dispetto e all'insaputa della manovalanza criminale che controlla il territorio. I boss calabresi hanno avuto l'intuizione di investire sul narcotraffico i proventi dei sequestri. Oggi questi miliardi inquinano l'economia legale e finiscono persino nel metaverso e nei cryptoasset.

Mentre Totò Riina dichiarava guerra allo Stato, la 'ndrangheta piazzava i suoi colletti bianchi nei palazzi del potere, nelle Asl, persino nelle banche e nelle istituzioni finanziarie, restando defilata in un ruolo di supporto logistico alla strategia stragista, di cui Messina Denaro è stato probabilmente regista e interprete.

Sembra infatti che l'esplosivo per gli attentati del 1992-1993 sarebbe arrivato dalla Laura C, la nave militare affondata nel '45 sulla costa jonica calabrese che per anni sarebbe stata la Santabarbara di mafia, camorra e 'ndrine. Chissà che dopo la cattura del superlatitante la recentissima storia d'Italia non venga completamente riscritta.

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