Per restare al Quirinale la sinistra ha già un Piano

Prodi si gioca le ultime carte e Renzi, per sventare la minaccia e salvare il patto del Nazareno, fa scaldare l'architetto-senatore gradito ai grillini

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano con Renzo Piano, che è senatore a vita
Il capo dello Stato Giorgio Napolitano con Renzo Piano, che è senatore a vita

La gran giostra del Quirinale è partita, nonostante i chiari ammonimenti dell'attuale inquilino.

E se la politica, a cominciare dal premier, ci va con i piedi di piombo, ci pensano altri ad alimentare il polverone tirando in ballo nomi e candidature alquanto sconclusionate. Ieri a Matteo Renzi, in viaggio di Stato in Algeria, è toccato fare una dura smentita al surreale titolone di apertura del Fatto Quotidiano : «Riccardo Muti al Quirinale, Renzi lo ha chiesto a mio padre». Affermazione attribuita al figliolo del direttore d'orchestra, che in verità nell'articolo a corredo non diceva nulla di simile. «Strabilianti notizie di stampa destituite di ogni fondamento», taglia corto Palazzo Chigi, facendo sapere che il premier «non ha il piacere di conoscere» l'illustre rampollo, e che con Muti non si sente da anni. Segue a ruota la smentita dello stesso Muti junior, che nega di aver mai detto alcunché di simile a quanto riportato dal Fatto .

Lo scivolone del quotidiano travagliesco è probabilmente solo l'antipasto di un circo che rischia di aprirsi di qui a poche settimane, se non governato. E governarlo non è semplice, come ben sa il premier, che - con gran riserbo - sta iniziando ad istruire il dossier. Renzi sa che questa è la partita decisiva, quella che segnerà la vita del suo governo e della stessa legislatura, e che non può permettersi mosse false come quelle che affondarono Bersani.

In questi giorni ha alzato polemicamente il tiro con Berlusconi, ma i suoi assicurano che lo spartito del «patto del Nazareno», al momento, è l'unico schema possibile. Nessun gioco alternativo coi grillini per il Quirinale, dunque: se mai un'operazione di divisione delle già terremotate truppe del comico, utile per sventare possibili operazioni sul nome di Romano Prodi. Il quale, dicono nel Pd, sta assiduamente lavorando sottotraccia: «Fa promesse a destra e a manca, ha riaperto i canali con Repubblica , manda messaggi ai grillini, avvelena i pozzi». Per l'anziano ex premier è l'ultima chance di approdare al Quirinale, e vuole giocarsela fino in fondo. E magari non è un caso che qualcuno, nel centrosinistra, faccia girare il nome del senatore a vita Renzo Piano, l'archistar amica di Grillo che proprio il comico candidò al Colle anni fa: forse un'altra esca con funzioni anti-Prodi.

Il problema primario, per Renzi come per Berlusconi, è quello di assicurarsi una sufficiente compattezza delle truppe parlamentari. E qui entra in scena la legge elettorale: «L'unico modo per tenere buoni i parlamentari è rassicurarli che la legislatura, e con essa la loro poltrona, durerà», spiega un dirigente Pd. Quindi l'Italicum deve continuare a marciare in Senato, anche se ormai è chiaro che non potrà approdare in aula prima di gennaio (quando presumibilmente si apriranno i giochi per il Colle), ma poi potrebbe rallentare. «Può essere immaginabile - ha detto ieri Renzi - una clausola di salvaguardia legata non all'approvazione della riforma del Senato ma al tempo: si può decidere ad esempio che la legge elettorale entra in vigore l'1 gennaio 2016». Messaggio prontamente raccolto dalla minoranza bersaniana: «Proposta accettabile», dice Miguel Gotor.

In una seconda fase si inizierà a lavorare sui nomi, individuando un profilo che non sia sgradito a Berlusconi e possa compattare il Pd. Un profilo autorevole e non di partito, e gli esempi (da Padoan a Bassanini) possono essere molti.

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