Attorno alla partita finale sulla riforma della Costituzione la cortina fumogena è fittissima. Ieri uno dei protagonisti, il presidente del Senato Grasso, ha smentito i retroscena secondo cui avrebbe già deciso di riaprire la discussione sull'articolo 2 del ddl Boschi, quello che sancisce la non elettività dei senatori, e dunque dare via libera alla valanga di emendamenti per reintrodurla, e con essa il bicameralismo. «Fantapolitica - dice Grasso -C'è ancora tempo prima che sia chiamato ad esprimere le mie decisioni, e spero che venga utilizzato in modo costruttivo». Anche il Quirinale - dove proprio ieri, guarda caso, è salito in visita Napolitano, gran sostenitore della riforma - fa sapere di «non essere a conoscenza» di decisioni di Grasso. Ai piani alti del Nazareno confermano: «Non c'è ancora nulla di definitivo, non è per nulla detto che ci sia un via libera alla revisione di uno dei cardini fondamentali della riforma».
In verità, i discreti sondaggi in corso tra i principali Palazzi romani confermano che Mattarella è a conoscenza di una propensione di Grasso per il sì alla emendabilità dell'articolo, che il presidente del Senato avrebbe argomentato in punta di regolamento (l'articolo citato è il 104 della carta di Palazzo Madama). E al Quirinale avrebbero allargato le braccia: vedetevela voi, sarebbe stato il senso del messaggio inviato tanto al Senato che a Palazzo Chigi, il capo dello Stato non può certo sindacare decisioni regolamentari, su cui anche i costituzionalisti sono divisi a metà, e aprire uno scontro istituzionale.
Il «leak» finito su Repubblica ha costretto però il presidente del Senato a smentire, sia pur vagamente. E ad inviare con l'occasione un «pizzino» a Renzi: il premier utilizzi il «tempo» prima della decisione cercando una mediazione con la sua minoranza. Che è esattamente quello che dice anche l'ex leader Pd Bersani, che dalla Festa dell'Unità di Reggio Emilia ha intimato a Renzi di aprire una trattativa con lui e i suoi per trovare «prima una sintesi tra di noi e poi andare dagli altri», recuperando insomma il «metodo Mattarella». Altrimenti, è il sottotesto, ti faremo mancare i numeri. Che preoccupano anche il capogruppo Zanda, che ai suoi confida: «Stavolta potremmo spuntarla, ma nella lettura finale serve la maggioranza assoluta, 161 voti: senza un accordo politico non ci sarà».
Da questo orecchio, però, il premier non ci sente: proprio la vicenda dell'elezione di Mattarella, e il fatto che il giorno dopo averne rivendicato la paternità la minoranza Pd abbia ripreso la sua strada di guerriglia continua contro il governo, conferma Renzi nelle sue convinzioni: «A quelli del Senato elettivo non importa un fico secco, il loro unico obiettivo è far fuori me e il mio governo». Dunque nessuna trattativa e nessun tête-á-tête con Bersani in vista: «Matteo non ha alcuna intenzione di dare alla minoranza un riconoscimento politico, come se si trattasse di un altro partito con cui venire a patti. Tanto il giorno dopo li farebbero saltare», spiega un renziano. Che si chiede: «Siete sicuri che al dunque, col rischio di andare al voto anticipato, Forza Italia voti gli emendamenti pro-elettività? I numeri ci saranno, vedrete».
In ogni caso, prima che Grasso sciolga la sua riserva, ci sarà un altro passaggio cruciale: spetta infatti ad Anna Finocchiaro, presidente della Commissione affari costituzionali, pronunciarsi sulla ammissibilità della valanga di
emendamenti ostruzionistici presentata dalle opposizioni. E la Finocchiaro è già stata molto netta sulla inopportunità di riaprire la discussione su un punto fondamentale della riforma come la non elettività dei senatori.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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