C'è chi ha prenotato l'ultimo aereo disponibile. Chi è riuscito a salire su un treno. Chi ha viaggiato per ore con la propria auto. E anche chi ha noleggiato un motorino o una bicicletta pur di fuggire dalla Russia. Sono almeno 70mila ma probabilmente molti di più gli uomini che sono già scappati, cui si sommano i tanti che stanno escogitando un piano di fuga dopo la mobilitazione militare annunciata da Putin, con il richiamo alle armi anche dei piloti di linea russi. Se prima il regime di Mosca era mal sopportato ma comunque tollerato dalla maggior parte dei russi, adesso che il Cremlino mette potenzialmente a rischio centinaia di migliaia di persone è scattata una ribellione che sa tanto di presa di coscienza per una misura ormai colma.
«Una reazione isterica», secondo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, colpa, manco a dirlo, «di una certa mancanza di informazione» dice, facendo capire che ora le cose sono più chiare. Il che fa intendere che la fuga diventa sempre più pericolosa. Fatto sta che dopo la corsa ai voli, ai confini con la Finlandia e con la Georgia sono stati registrati chilometri di code, con migliaia di persone disposte ad attendere anche 12 ore pur di passare il confine. Un segnale ma anche un problema. «È una questione nuova, che stiamo monitorando», ha confessato il portavoce della Commissione Ue Eric Mamer. «Oggi si terrà una riunione del gruppo di lavoro per affrontarla e vedere come agire», ha aggiunto, mentre lunedì a Bruxelles è prevista una riunione straordinaria per coordinare gli Stati su come muoversi. Se da una parte lo stesso Mamer spiega che esistono tutti i percorsi per la richiesta di asilo «per le persone che pensano di averne diritto», dall'altra si va avanti in ordine sparso e la spaccatura è evidente. Dopo la linea dura annunciata da Polonia, Repubblica Ceca e Norvegia, anche la Finlandia, uno dei Paesi maggiormente interessati, ha già annunciato misure per «limitare in modo significativo l'ingresso di cittadini russi», dimostrazione di quanto sarà complesso trovare una posizione unitaria anche sul tema dei visti.
Intanto, chi non fugge dal Paese assiste a un'escalation delle proteste. Dopo le manifestazioni di piazza improvvisate e gli oltre mille arresti, sono già cinque i centri di arruolamento militare dati alle fiamme da mercoledì. Gli ultimi due uffici di reclutamento sono stati incendiati la notte scorsa a Khabarovsk e nella regione dell'Amur, dopo che gli stessi atti di protesta si erano verificati a San Pietroburgo. Non è escluso che boicottaggi simili si allarghino a macchia di leopardo. Ancor di più dopo l'appello del presidente ucraino Zelensky, che si è rivolto direttamente ai russi: «protestate contro la mobilitazione per la guerra. Per gli uomini in Russia, è una scelta: morire o vivere, diventare uno storpio o preservare la salute», ha detto, aggiungendo che «55mila soldati russi sono morti in questa guerra in sei mesi. Decine di migliaia di feriti, mutilati. Ne volete di più? No? Quindi protestate, combattete, fuggite! O arrendetevi alla prigionia ucraina». Chi sicuramente non si arrende nonostante la carcerazione è Alexey Navalny, principale oppositore di Putin, di nuovo in cella di isolamento dopo aver condannato la mobilitazione ordinata dal Cremlino.
Di contro, la massima autorità religiosa, il patriarca di Mosca Kirill, si è lanciato in un altro delirio molto più politico che di fede: «Andate coraggiosamente a compiere il vostro dovere militare.
E ricordate che se darete la vostra vita per la vostra Patria, per i vostri amici, allora sarete con Dio nel suo Regno, nella gloria e vita eterna», ha detto, in piena sintonia con lo Zar. Che nella sua follia bellica non è rimasto solo. Ma in scarsa e pessima compagnia.
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