La spiaggia è ancora una cartolina invernale. Pochissimi ombrelloni già piazzati, lavori in corso ovunque, bagnini che corrono per preparare una stagione sbucata all'improvviso, come un fiore dopo la tempesta. Al bagno 26 Gabriele Pagliarani, massiccio custode di questo spicchio di sabbia, aggiorna i parametri della proverbiale ospitalità romagnola ai tempi del Covid: «Siamo pronti e io non vedo l'ora di riabbracciare gli amici milanesi e lombardi che da sempre sono quasi la metà dei nostri ospiti. La data cerchiata in rosso sui nostri calendari - spiega Pagliarani, uno dei simboli della Riviera - è quella del 3 giugno. Quando dovrebbero riaprire le frontiere». Ovvero, i confini fra le regioni che ancora mettono in forse i flussi dei vacanzieri provenienti dal Nord.
Paura del contagio? La risposta è una smorfia di disgusto, come se la domanda arrivasse da qualche pianeta lontano: «Chi frequenta queste terre è il benvenuto. Io ho fiducia nella mia clientela e loro si fidano di noi. Seguiremo le regole, che ci siamo dati in queste settimane di attesa: il distanziamento, la mascherina, tranne che sotto l'ombrellone, il lavarsi spesso le mani. La cultura della diffidenza non fa parte del nostro Dna. Noi attendiamo le famiglie milanesi a braccia aperte. E speriamo di rivedere anche quelle di lingua tedesca che da sempre amano Rimini».
Parole pronunciate con foga, quasi con un filo di nostalgia esistenziale, nello stile della Romagna di sempre. Qui, mentre le ruspe rifanno il trucco al lungomare percorso da runner accaldati, i diktat e gli ultimatum lanciati nelle ultime ore dai governatori del Sud vengono ignorati e respinti ferocemente al mittente. Niente test. Niente tamponi o fumose patenti d'immunità. Niente di niente. Semmai scivoli, facilitazioni e sorprese per chi comunque sfiderà la coda del drago che ancora agita le statistiche e le scelte di scienziati e politici. «Se non tornano i milanesi e i tedeschi siamo finiti, io riconsegno le chiavi del mio locale», dice senza nemmeno attendere la domanda Mattia, titolare nel centralissimo corso d'Augusto del bar Mythos. Siamo a due passi dal Fulgor, il cinema, restaurato di fresco, in cui un Federico Fellini bambino vide sulle ginocchia del padre Maciste all'inferno, il primo film della sua vita. «Ho ricominciato il 4 maggio, ma gli aperitivi che erano il mio guadagno sono stati spazzati via. Per ora vado avanti caffè dopo caffè ma sono le briciole. Magari - e Mattia si fa sarcastico - prendo il bonus per il monopattino e poi chiudo». Barbara, la tazzina in mano di qua del bancone e la mascherina alta come un passamontagna, mostra due occhi interrogativi: «Gestisco il bar in un istituto scolastico superiore. Tutto bloccato da mesi e non so nemmeno come faremo a settembre. La cassa integrazione è di 296 euro e vai a sapere perché. Non c'è mai corrispondenza fra quel che promettono in tv e la realtà». Il ghiaccio delle sicurezze è sempre più sottile ma la Riviera prova a pattinare su quella crosta che scricchiola. «Siamo a maggio - racconta Marco Semprini, direttore del prestigioso hotel Ambasciatori - ma è come fossimo a marzo. Diamo gli ultimi ritocchi e fra 24 ore su il sipario. Diamo il via alla stagione».
Rimini&Riccione. Questo week end è la prova del fuoco: creme e mascherine. Tutti sperano nell'invasione e nella fine di un inverno troppo lungo. Renata Tosi, la sindaca di Riccione, sparge ottimismo tutto romagnolo sulle ferite: «La città è in fermento. Ci sono dieci cantieri edilizi aperti e si profila la costruzione di quattro nuovi hotel, tutti di classe superiore. Entro il 1° giugno sarà tutto pronto: le piscine, il luna park, i giochi per i bambini. Sfrutteremo le piazze e le strade per gli eventi e metteremo a sedere chi prima stava in piedi. Dalla ripartenza rimarranno fuori solo i concerti e le discoteche. Ma non mancherà un nostro classico come il cinema sotto le stelle. Noi ci siamo e certo non chiederemo i tamponi a chi arriva, ma solo il rispetto di qualche regola elementare. Però - è l'appello finale di Tosi - ci diano date sicure: questa incertezza sui movimenti fra le regioni logora tutti e rende quasi impossibile ogni programmazione».
La filosofia di sempre non cambia. Semmai si adatta ai tempi infidi. «Qui l'epidemia è stata violentissima - spiega Giuseppe Nardi, direttore dell'Unità operativa di anestesia e rianimazione dell'Ospedale Infermi di Rimini -. Abbiamo avuto 75 persone intubate e ho ancora qualche paziente attaccato alle macchine.
Ora però possiamo aprirci al mondo, rispettando le nostre tradizioni. Io credo che proprio chi arriva dalle aree più colpite, come Milano e Bergamo, sarà il primo a mettere la mascherina e a tenere le giuste distanze». Con il Covid nello specchietto retrovisore delle vacanze.
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