Il rimpatrio delle imprese che hanno delocalizzato le produzioni all'estero (reshoring) «è un'opportunità per l'economia europea e soprattutto italiana». Il governatore di Bankitalia, Fabio Panetta, ieri a Milano per il comitato esecutivo dell'Abi (la Confindustria delle banche italiane), ha sottolineato che una ricetta possibile per evitare le nuove crisi incombenti è riportare la produzione sul suolo italiano o, comunque, su quello dell'Unione europea. «Abbiamo un terzo del Paese con un costo del lavoro più basso, una domanda non soddisfatta» e la possibile creazione di energia rinnovabile «a buon mercato». Insomma, ci sono tutti i presupposti per sostenere la crescita senza che questo orientamento possa essere tacciato di «autarchia produttiva». Si tratta, infatti, del modello che «ha consentito all'Europa di crescere negli scorsi anni».
È un modello economico che si può definire classico perché «concentrarsi sulla domanda estera e comprimere quella interna, non tiene più». Insomma, bisogna compiere un passo indietro per farne molti altri in avanti. E vale la pena anche sottolineare come la voce di Panetta possa considerarsi «fuori dal coro» perché è da molto tempo (fatta salva la parentesi di Trump, con tutte le sue discrasie) che il dibattito pubblico e gli opinion leader (anche quelli che si dichiarano liberisti) non insistono sulla necessità di riportare la produzione nel Vecchio Continente per difendere, crescita e posti di lavoro.
«L'Europa - ha ricordato Panetta - è un mercato di 400 milioni di consumatori» e «occorre un ribilanciamento». Se fino a qualche tempo fa «vendevamo auto, forni e lavatrici in Cina e Russia, ora dobbiamo venderli in Europa» e «abbiamo un'opzione che è casa nostra». Insomma, considerato che non si può delocalizzare per vari motivi geopolitici (Ucraina, Gaza, Taiwan) in Russia, Asia e Cina nonché nel Sud America, «ci sono aree in Italia e Europa» che potrebbero appunto essere adatte per il ritorno della produzione. Le recenti crisi, infatti, hanno insegnato che «il modello produttivo basato sulla delocalizzazione in aree in via di sviluppo non funziona più», perché i rischi sono superiori alle opportunità. La scommessa oggi, ha concluso, è «trasformare il vincolo che ci viene dal cambiamento delle condizioni produttive a livello mondiale in un punto di forza e sta già succedendo, che quello che si chiama il reshoring». Il motivo è semplice: «allocare la produzione in aree dell'Europa che mitigano i rischi presenti altrove può offrire opportunità all'economia europea e italiana».
Riportare la produzione in loco giacché un'economia di mercato si fonda sulla produzione e non solo sul commercio può contribuire a ribaltare uno scenario macroeconomico non ottimale. «Prevediamo che il 2023 si sia chiuso con una crescita del Pil dell'Italia intorno allo 0,6-0,7% e che la crescita sia al di sotto dell'1% per il 2024 e intorno all'1% per il 2025», ha aggiunto il governatore rimarcando che «gli investimenti, che sono il motore dell'economia, rimarranno deboli». E, anche se al momento «non ci sono impatti macroeconomici significativi» dalla situazione nel Mar Rosso, «non possiamo escluderlo».
E anche se Panetta è fiducioso su un abbassamento dei tassi («si sta andando
nella direzione giusta») e anche se «l'inflazione in Italia è sotto controllo», bisogna cambiare verso perché «i consumi aumentano per la tenuta dell'occupazione», ma «gli investimenti stanno rallentando» per colpa dei tassi.
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