"Il richiamo alla mia Genova distrutta dai bombardamenti"

L'arcivescovo emerito della città citata da Zelensky: "Credo in una diplomazia senza interessi e ideologie"

"Il richiamo alla mia Genova distrutta dai bombardamenti"

Il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo emerito di Genova, è nato a Pontevico, in provincia di Brescia, perché il papà Alfredo e la mamma Rosa si erano rifugiati lì a causa dei pesanti bombardamenti su Genova del 1942. Sfollati per il tempo necessario a poter ritornare a casa. Oggi la guerra che devasta l'Ucraina è entrata nei suoi giorni di ritiro spirituale per la Quaresima, come il paragone tra Mariupol e Genova proposto al Parlamento italiano dal presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky.

Eminenza, Zelensky in Parlamento ha detto che «Mariupol, che aveva mezzo milione di abitanti, è come Genova. Immaginate Genova completamente bruciata». Che cosa suscitano queste parole in lei, genovese e arcivescovo della città per quattordici anni?

«È un richiamo che risveglia situazioni vissute nel dopoguerra e più volte raccontatemi dai genitori. La mia famiglia viveva in piazza Sarzano, nella zona antica della città, la più vicina al porto. Si risvegliano quei ricordi che io pur bambino ho visto e vissuto nella città nel dopoguerra».

Lei è nato durante la guerra. Che patrimonio di esperienza le rimane di quel tempo drammatico?

«Sono nato nel gennaio del 1943. I miei genitori mi raccontavano come durante un bombardamento nel novembre del 1942 fossero corsi nella galleria delle Grazie, che aveva un ingresso in Porta Soprana. Mia madre Rosa si era spaventata perché era incinta di me, aveva visto che le scalette erano strette e le persone tutte ammassate. Ha avuto un momento di paura e di ripulsa. Mio padre l'ha assecondata, non ha voluto entrare e ci ha portato al Cinema Grattacielo. Quando sono usciti, gli altri erano morti. La paura e la preghiera di mia madre hanno salvato tutti e tre».

Crede che Zelensky abbia citato Genova per qualche altro motivo?

«I miei sono ricordi istintivi, che riaffiorano in modo molto emotivo. Secondo me il presidente ucraino avrebbe potuto citare anche qualunque altra città. Ha detto Genova perché la sua memoria è corsa lì».

Mariupol e Genova sono sul mare, quasi alla stessa latitudine. Tutti ricordano le immagini del 2014 e lei, cardinale Bagnasco, con i piedi nel fango per portare soccorso. Poi c'è stato il crollo del ponte. Sciagure in cui il ruolo dell'uomo è stato determinante, anche se non paragonabili alla guerra.

«Sono stati momenti tragici in cui la città ha reagito bene. Per Genova è una memoria tragica ma anche di fiducia».

Venerdì prossimo Papa Francesco consacrerà la Russia e l'Ucraina al Cuore immacolato di Maria. Che cosa pensa di questa decisione? Quale significato può essere colto anche da chi non vi vede un valore religioso?

«È un grande gesto voluto dal Santo Padre che ci troverà tutti uniti, i vescovi del mondo tutti insieme. La Madonna nelle apparizioni di Fatima ha chiesto questa consacrazione. Altri pontefici l'hanno già fatta e ora Papa Francesco la ripete in un momento così difficile».

È un gesto per chiedere la pace tra Russia e Ucraina?

«È ancora di più, un affidamento alla Santa Vergine, Regina della Pace, perché protegga e salvi il mondo».

La preghiera per un cristiano è la più potente delle armi. Ma vi sono anche atti concreti da compiere per giungere alla pace. Secondo lei chi e come potrebbe agire per ottenerla?

«Continuo a credere nella forza della solida diplomazia, ovvero una diplomazia radicata nella verità e nella buona volontà. Mediatori ce ne sono e la diplomazia svolge il suo compito. Credo in questa possibilità concreta».

Che cosa significa diplomazia nella verità?

«Senza ideologie, senza lenti e interessi di qualunque natura che offuschino la visione della realtà».

Lo ritiene realistico?

«È indispensabile».

Anche noi, come italiani ed europei, abbiamo qualcosa da rimproverarci? Si dice spesso che l'Occidente sia malato di

individualismo.

«Tutti abbiamo qualcosa su cui riflettere. Certamente, in senso anche più generale, abbiamo da pensare all'individualismo, al pensare solo per se stessi. Bisognerebbe pensare sempre in termini di mondo intero».

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