P iazza Duomo, 9 del mattino. La città fuori dalla «zona rossa» è impazzita, i sabotaggi della notte hanno bloccato la stazione e reso inestricabile il traffico, il cielo annuncia pioggia ma tra la cattedrale di San Vigilio e la fontana del Nettuno risuona solo l'inno di Mameli. La fanfara della Brigata Julia accompagna l'alzabandiera: vessillo tricolore, stendardo dell'Unione europea, stemma della Provincia autonoma. Si leva il sipario sull'adunata degli alpini numero 91. Trento è un'enorme caserma, un colossale accampamento in pieno fermento, la piazza è gremita dietro le transenne a rendere onore al labaro, alle medaglie, ai gonfaloni.
Una lapide affissa sul muro di un edificio affrescato indica che il 4 febbraio 1875 vi nacque Cesare Battisti. Il patriota trentino è uno dei simboli di questa adunata. Era cittadino austriaco, fu deputato al Parlamento di Vienna ma combatté per l'autonomia della sua terra d'origine e quando scoppiò la Grande guerra si arruolò volontario negli alpini. Nel 1916, a 41 anni, durante la «spedizione punitiva» dell'esercito asburgico fu catturato e impiccato come traditore poco lontano dalla casa natale, sul retro del castello del Buonconsiglio. È sepolto nel mausoleo sul Doss Trento che domina dall'alto la città. Il «luogo della memoria» di questo territorio.
Guerra, pace, unità, tradimento, patria. Gli alpini hanno scelto Trento proprio a 100 anni dalla fine della guerra e dall'annessione all'Italia. Le nostalgie di chi non voleva un raduno «nazionale» in una provincia «speciale» hanno acceso la vigilia e l'ostilità dei pacifisti della domenica ha messo in allarme il sistema di sicurezza. Sembra impossibile che dopo un secolo certe ferite non siano ancora suturate. Le penne nere sapevano che la loro scelta era una scommessa. Il Trentino è un simbolo alpino, una terra di confine a lungo contesa, uno scenario di tante guerre, ma anche un laboratorio di convivenza. E le penne nere rimangono un corpo armato, truppe militari, eppure mai come oggi «veci» e «bocia» sono accostati alle missioni di pace nei teatri bellici internazionali e soprattutto a una presenza sicura e spontanea ovunque ci sia bisogno di dare una mano. Terremoti, frane, inondazioni, grandi e piccole giornate nazionali della solidarietà.
Dopo l'alzabandiera, i vertici degli alpini e le autorità si sono spostati a Rovereto, la città della pace, per una cerimonia davanti alla campana che ricorda i caduti di tutte le guerre, ottenuta dal bronzo dei cannoni che tuonarono nel '15-18. Ogni sera 100 rintocchi. Un omaggio alla memoria e alla pace non semplicemente come assenza di guerra, ma come un aiuto al popolo, una volontà di costruire e ricostruire. E l'adunata, con tutto il suo folclore di vino, birra e salamelle, è l'occasione di fare festa, l'appuntamento in cui vicini e lontani si ritrovano in uno spirito di corpo che ha pochi uguali in Italia.
La memoria degli alpini non è nostalgia del passato ma lo scatto sull'attenti quando c'è da raccogliere fondi per edifici antisismici o cibo per la Colletta alimentare. Nel 2017 le penne nere hanno donato 6,7 milioni di euro, di cui 3 milioni e mezzo per le zone terremotate del Centro Italia, e 2,4 milioni di ore di lavoro volontario e gratuito. Se fossero pagate come quelle di un manovale lombardo, diciamo 27 euro l'ora, varrebbero quasi 65 milioni di euro. Il record spetta alla sezione di Bergamo: 280.593 ore lavorate e 901.761,30 euro erogati, come dettaglia il «Libro verde della solidarietà 2017» diffuso in questi giorni proprio a Trento. Anche il dettaglio di questa operazione trasparenza vanta pochi tentativi di imitazione.
Davanti alla stazione ferroviaria, ieri in preda al caos fino a tardi, è allestita la cittadella della protezione civile alpina e qui si tocca con mano che cos'è questo impegno quasi professionale: la colonna mobile di pronto intervento, le attrezzature delle squadre subacquee e di soccorso fluviale, i droni per le ricerche dei dispersi, i mezzi antincendio, le attività di prevenzione dei grandi rischi.
È il frutto della disciplina militare e delle abilità apprese sotto la naia (quando c'era), ma anche di parole come appartenenza, identità, ordine, benessere comune, senso del dovere. Gli alpini non se ne sono dimenticati.
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