Il rilancio di Salvini sull'immunità. Gli alleati frenano: rischio boomerang

Il leader leghista: "Sarebbe cosa buona e giusta, l'ho provato sulla mia pelle"

Il rilancio di Salvini sull'immunità. Gli alleati frenano: rischio boomerang
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L'idea parte da un incontro alla Fondazione Einaudi tra il presidente e alcuni esponenti della Lega da Andrea Ostellari ad Alberto Bagnai. La reintroduzione della vecchio testo sull'immunità parlamentare è un'ipotesi che piace molto a Matteo Salvini: «Sarebbe cosa buona e giusta - ha spiegato ai suoi - l'ho provato sulla mia pelle». Può sembrare una contraddizione visto che nell'ottobre del 1993, quando quella prerogativa per i parlamentari fu ridotta di molto, ci fu Luca Leoni Orsenigo, il leghista che agitò il cappio nell'aula della Camera dei Deputati ai tempi di Tangentopoli, che fece salti di gioia in mezzo al Transatlantico di Montecitorio. Ma i tempi passano e non sono pochi i politici che hanno fatto i conti con le conseguenze della modifica di un articolo della Carta voluto da Palmiro Togliatti in persona che di fronte all'autonomia della magistratura dal Potere politico di converso garantiva - nei fatti - l'autonomia della politica dal Potere giudiziario. Per cui l'idea di rintrodurre l'immunità parlamentare per chiudere la guerra dei trent'anni tra partiti e toghe sarebbe sacrosanta (il sottoscritto la difese in un editoriale per il Tg1 16 anni fa) ma per essere realizzata ci vuole coraggio, una maggioranza parlamentare larga visto che si tratta di una legge costituzionale e una certa convinzione per vincere un probabile referendum.

E purtroppo, ripeto purtroppo, tutto questo non c'è. Non perché non ce ne sia bisogno: con l'immunità parlamentare non avremmo i continui bracci di ferro tra politica e magistrati che costellano gli ultimi decenni di storia repubblicana. Ma per un'operazione del genere ci vorrebbe, appunto, uno schieramento largo e partiti che non usino strumentalmente sul piano politico i temi della giustizia. Una congiuntura politica che per ora rimane un'illusione.

Per cui oggi sarà presentata una proposta di legge che porterà le firme di esponenti leghisti e di Forza Italia ma rischia di essere una mera testimonianza. «In fondo va bene così - ragiona il presidente della Fondazione Einaudi - anche la separazione e delle carriere lo era ma adesso sta diventando realtà».

Insomma, per ora la vecchia immunità resterà nel libro dei sogni di mezzo Parlamento, un oggetto del desiderio perchè in fondo nessuno pensa che non ce ne sia bisogno e oggi il 54% degli italiani si lamenta per la magistratura politicizzata. L'ostacolo che impedisce al sogno di diventare realtà è che molti partiti, specie quelli che hanno una vena populista o giustizialista, ambiscono ad avere il voto del restante 44%. In fondo si è garantisti solo quando fa comodo tant'è che oggi Matteo Renzi, che pure lo è stato, dichiara che «la reintroduzione dell'immunità parlamentare è un'idiozia».

Insomma, il calcolo politico, la logica del «giova o non mi giova», i condizionamenti degli schieramenti fanno venire meno il giudizio obiettivo sui principi. Così va il mondo. E poi ci sono i vincoli che ti impone il momento. È la ragione per cui anche il vertice di un partito «garantista» come Forza Italia ha delle riserve. «C'è il rischio - è la spiegazione data da Antonio Tajani ai suoi - che introdurre il tema dell'immunità parlamentare adesso penalizzi nell'opinione pubblica la nostra battaglia sulla separazione delle carriere. I magistrati potrebbero utilizzare l'argomento contro una riforma che dobbiamo assolutamente portare a casa». È la ragione per cui anche la Meloni ha detto no: nella destra ci sono anche motivi culturali, ma pesa ancor di più la consapevolezza che tra le riforme lanciate dal governo quella sulla separazione delle carriere dei magistrati sia l'unica che il centro-destra riuscirà a centrare. «Mi ha colpito la velocità - osserva la responsabile giustizia del pd, Debora Serracchiani - con cui gli uomini della Meloni hanno detto di no. Chiedermi se sono d'accordo sull'immunità per me equivale ad un'offesa. Dico tre volte no».

Siamo alle solite: c'è il terrore di alcuni e l'intenzione di altri di suscitare l'indignazione dell'opinione pubblica. «Nella testa della gente - chiosa il forzista Mulè - immunità significa impunità».

«Per carità!» è il consiglio che offre Pierluigi Bersani che si ricorda il '93: «Se tiri in mezzo l'immunità o il finanziamento pubblico ai partiti quando le bollette del gas sono pesanti e c'è un processo di proletarizzazione del ceto medio inneschi la mina che portò a Tangentopoli». E al solito sull'altare delle paure si sacrifica un principio pensato e voluto dai padri costituenti.

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