Riportare al centro l'Occidente

Per giustificare, e poi sopportare, una guerra servono una retorica, o degli interessi o dei principi

Riportare al centro l'Occidente

Per giustificare, e poi sopportare, una guerra servono una retorica, o degli interessi o dei principi. Possibilmente tutti e tre. Non è il caso italiano. La retorica della nazione in armi l'abbiamo archiviata nel 45 assieme al Fascismo, abbiamo sdoganato solo da poco la parola «Patria», pronunciamo con imbarazzo le parole «Forze Armate» e non osiamo declamate la parola «guerra», ormai da tempo rigorosamente tradotta in «operazione di pace». Interessi, poi, neanche a parlarne. In Italia si percepiscono solo i danni della chiusura del mercato russo e i costi delle bollette energetiche. Figurarsi se dovessimo pagare anche un prezzo in termini di vite umane...

Non restano che i principi. E i principi ci sarebbero. Eccome se ci sarebbero. La Democrazia, la Libertà, l'Europa, l'Alleanza atlantica... In definitiva l'Occidente. Ma democrazia e libertà sono principi poco radicati nella carne viva della nazione, l'idea di Europa non scalda i cuori, l'antiamericanismo strisciante e trasversale induce molti a diffidare della Nato. Quanto all'Occidente e ai suoi valori, ne abbiamo percepito l'importanza quando a minacciarli erano le forze islamiche dell'Isis, ma, sbagliando, fatichiamo ad identificare un'analoga minaccia in Vladimir Putin. Il quale, infatti, si fa forte di questo nostro sradicamento da ogni identità e di questa nostra indifferenza ad ogni ideale comune. Perciò, in Europa, confligge soprattutto con l'Italia: perché ci vede più disorientati degli altri.

Non sorprende, dunque, che nei sondaggi la maggioranza degli italiani si dichiari contraria non solo alla guerra, ma anche all'invio in Ucraina di armi e materiale bellico. Così come non sorprende il pacifismo relativista esibito da molti intellettuali, più o meno ascrivibili a quella sottocultura un tempo definita cattocomunista. Anime belle che condannano l'uso delle armi da parte degli ucraini invocando una pace negoziata senza rendersi conto che se sarà possibile negoziare la pace sarà solo perché gli ucraini hanno usato le loro e le nostre armi. Se non l'avessero fatto, oggi l'intera Ucraina sarebbe già, definitivamente, sotto il tallone russo.

A sorprendere, semmai, è il fatto che la quasi totalità delle forze parlamentari si sia dichiarata favorevole all'invio di armi, e perciò non ostile alla guerra.

La compattezza del Parlamento italiano, così come quella degli Stati europei, è ovviamente in bene. Ma se la crisi ucraina dovesse durare, dovremmo tutti porci il problema di riallineare Paese e Palazzo, chiarendo la posta in palio ai nostri rispettivi elettorati. Europa e Occidente saranno, allora, le parole guida.

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