Il rispetto delle regole che salva la vita

Il rispetto delle regole che salva la vita

Forse non ci siamo capiti. I suggerimenti, i consigli e l'empatia - in definitiva - con l'italiano medio, ma nemmeno con chi le regole dovrebbe farle rispettare, non funzionano. Alla prima giornata di sole primaverile i parchi di Milano si sono riempiti di persone. Podisti e ciclisti, famiglie con bambini, comitive di giovani, adolescenti e giovanissimi. Accatastati uno sull'altro, altro che metro di distanza. La Darsena e i Navigli presi d'assalto. Ieri a Merate, nel Lecchese, il sindaco in persona con tanto di fascia tricolore e vice al seguito ha tagliato il nastro per l'inaugurazione di un supermercato davanti a una folla di dipendenti e clienti. Ma è la stessa Lombardia che da 14 giorni ha vietato la frequenza di luoghi affollati e chiuso i centri commerciali nei week end? A Fondi è allarme rosso per una festa di Carnevale organizzata per gli anziani nei giorni scorsi, ieri una donna di 93 anni è morta ed è partita la trafila dei tamponi per verificare se ci siano contagi da coronavirus. Ma non si era detto che gli over con patologie o senza dovevano restare in casa?

Il boom dei contagi che non si arresta, la curva che non accenna a «normalizzarsi» forse, e sarà il caso di mettercelo bene in testa, dipende anche da come ci comportiamo. Personalmente, ogni giorno: si chiama senso civico. Violare le consegne mette a rischio se stessi e gli altri. Lavarsi le mani spesso aiuta. Ma non basta. Gli appelli anche ieri si sono sprecati. Dallo «state a casa» dell'assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera al «siate ligi» del ministro della Salute Roberto Speranza fino al «basta atteggiamenti superficiali» dell'Istituto superiore di sanità. Non siamo a Pechino, là il governo ha ordinato: tutti reclusi, mezz'ora d'aria per una persona sola a famiglia per le compere. Detto, fatto. Decenni di regime e di «rieducazioni» forzate hanno lasciato il segno.

Da noi non funziona. Ma improvvisamente stiamo capendo che l'italianità da barzelletta, quell'orgoglio gaglioffo di riuscire a trovare sempre una scappatoia alla norma, nuoce gravemente alla salute. Il Paese fondato sull'eccezione alla regola, dove il trasgressore è chiamato furbetto e non irresponsabile, d'incanto è costretto a riscoprire il valore della scrupolosità e dei codici di comportamento. E dal cd appeso sul cruscotto per fregare l'Autovelox, ora ci tocca misurare mentalmente il metro di distanza di sicurezza, scartavetrarci le mani di Amuchina con precisione svizzera, tatuarci i decaloghi dell'Istituto di sanità sulla pelle.

Sessanta milioni di anarchici che fino a ieri bollavano ogni legge come burocrazia ottusa, ogni ordine come un retaggio liberticida, devono diventare osservanti ortodossi del rigore. Non ci è mai riuscito nessuno, in questo Paese. Davanti alla pestilenza tocca scoprirlo, questo benedetto senso civico. E viverlo per davvero.

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