Ritocchino al Tedeschellum Si va verso il taglio dei collegi

Forza Italia chiede tempo in commissione: rinviata a oggi la riduzione della quota uninominale al 40%

Ritocchino al Tedeschellum Si va verso il taglio dei collegi

Roma Fertig, los! Detto così nessuno l'avrebbe capito, il pronti via alla commissioni Affari costituzionali della Camera. Non certo (forse non solo) per questione linguistica.

È che il «tedesco» di cui ieri pomeriggio sono finalmente cominciati i lavori che lo vedranno approdare in aula martedì - 780 tra emendamenti e «sub» al testo base da votare, metà circa presentati dai partiti del patto (Pd-M5s-Fi) - richiederebbe un minimo di ponderazione. Di più: l'acquisizione di una mentalità che per ora sembra, come dire, lontana. Dentro e fuori la commissione, specie sui giornali, fioccano giudizi del tutto sballati e propagandistici, che non promettono affatto un netto miglioramento del testo. A partire dalla gragnuola di critiche delle «vedovelle del maggioritario», delle quali s'è fatto interprete l'altro giorno Walter Veltroni e ieri il guardasigilli Orlando, che paventa un modello «cinese». Non sapremo il giorno dopo le urne chi abbia vinto, attaccano. Come se nel 2013 lo fosse stato. Se smettessero di raccontarla a loro uso e consumo, perpetuando un sistema che ha favorito il Pd (e prima l'Ulivo), con trucchi di ogni tipo, occorrerebbe prendere atto che il proporzionale mette fine a una lunga stagione di forzature, persino incostituzionali. Poggiavano sull'alibi della ricerca di un bipolarismo (assai imperfetto); ma oggi che i poli accertati sono tre, occorre favorire una dialettica nuova, come tra l'altro accade in tanti paesi dell'Occidente in crisi. È una balla quella del «ritorno alla prima Repubblica» (come se la seconda avesse donato qualche gioia). Piuttosto, è ora che i partiti riprendano a fare politica. Sempre che ne siano capaci. Come scriveva su Fb durante i lavori il «tecnico» grillino Toninelli, «per ora non c'è niente di definitivo che si possa giudicare correttamente... in Germania non ci sono le preferenze, nonostante ciò stiamo provando a inserirle. Se non ci dovessimo riuscire, ricordatevi che noi abbiamo le parlamentarie...». E magari il Pd le primarie.

Non è però questo il punto. Le vere modifiche indispensabili, per scongiurare qualche reale profilo d'incostituzionalità, sono forse solo due: il voto disgiunto e un meccanismo che riduca la casualità di assegnazione dei seggi, per evitare che un eletto all'uninominale finisca per restare a casa, soppiantato magari da un capolista «protetto» dal partito. Si può cercare di ridurre il peso dei leader, ma con i partiti attuali si andrebbe incontro a un litigioso caos, assai peggiore dei listini bloccati (che ci sono anche in Germania). Più importante sarà invece un attento lavoro di disegno dei nuovi collegi, che per affrettare i tempi fanno parte della pdl e non affidati al Viminale. Al momento ci sono vere bizzarrie: Rignano è staccata dal collegio naturale di Pontassieve, per esempio, e la Giudecca da Venezia. Gran parte delle modifiche presentate dal Pd (70 su 101) vertono su questo. Ma soprattutto per rendere «sicuri» i collegi uninominali che al momento non lo sono per il Pd. Così si chiede di ridurne il numero da 303 a 225 (aumentando il numero di seggi assegnati con il proporzionale) e avvicinarli sempre più a quelli del Mattarellum, che portarono «fortuna» all'Ulivo.

Un'ipotesi su cui sembrava esserci un'intesa finché a sera Forza Italia ha deciso di sfilarsi e chiedere tempo. Il subemendamento sulla riduzione dei collegi è stato dunque accantonato e la commissione Affari costituzionali della Camera si è riaggiornata a questa mattina.

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