«No more excuses», niente più scuse. Recita così la scritta al neon sul muro del Refettorio Ambrosiano, vecchio teatro abbandonato che grazie a Caritas e allo chef Massimo Bottura diventa il simbolo della solidarietà milanese. Ogni sera ospita una versione bella della mensa dei poveri che vengono per ritrovare dignità immergendosi nell'arte. Proprio in questo luogo Lavazza ha presentato ieri il nuovo calendario 2018 firmato dal grande Platon Antoniou, il fotografo dei potenti. Universalmente noto per il ritratto a Vladimir Putin uscito nel 2007 sulla copertina di Time che gli valse un World Press Photo, per questo progetto ha immortalato 17 ambasciatori Onu per lo sviluppo sostenibile, tra cui Massimo Bottura, Jeremy Renner, Alexandra Cousteau, Andre Agassi e Carlo Petrini.
Platon, il titolo «What are you doing?» è una sfida per salvare il pianeta entro il 2030. «Che cosa possiamo fare», noi?
«Il mio lavoro è una proiezione di ciò che insieme si può realizzare. Per raggiungere qualunque obiettivo servono dei valori e allora non esistono limiti nel poter fare la differenza. Ho avuto l'onore di fotografare Mohammed Ali poco prima che scomparisse. Mi sussurrò Non sono stato così grande come ho fatto credere. La cosa grande è quello che gli altri hanno visto in me e nelle mie battaglie. Nelson Mandela mi disse che la pietà non funziona. Se si vuole avere attenzione, bisogna ispirare le persone con il coraggio della gente. Io sono stato fortunato a lavorare con così tanti soggetti coraggiosi in prima linea per varie ragioni. Sono i veri leader del nostro tempo».
Il suo approccio con le persone?
«Non esiste nulla di più potente della reciprocità e della consapevolezza. Io tratto tutti con grande rispetto e dignità e ciascuno in modo diverso. Capisco subito se qualcuno mente, se è teso o se non è pronto a esprimersi. Allora aspetto, anche per 10 ore. E lo faccio parlare finché non esprime se stesso».
Viviamo in un'epoca complicata?
«È un momento di grande transizione. Dobbiamo darci una mossa per la nostra società, come invita a fare questo lavoro. Agire nella quotidianità, con piccoli gesti come la raccolta differenziata o l'uso di energie rinnovabili e di prodotti etici, senza aspettare che i nostri leader prendano decisioni. I cittadini comuni devono diventare responsabili, operare nella comunità o in famiglia. Il mio compito è di ispirarli, non di dire cosa devono fare».
Oggi comunichiamo meno, nonostante internet?
«C'è un problema enorme con i social media. Hanno distrutto le fonti istituzionali di notizie e la nostra attenzione, smantellando risorse e creando tribalismi. Siamo costantemente connessi al mondo con lo smartphone, ma la nostra conoscenza si è ridotta. L'isolamento che riscontro oggi non lo avevo mai visto prima. Per questo sono importanti i costruttori di ponti».
Che cosa può fare la fotografia?
«Raccontare storie è fondamentale. Dire la verità è tutto. Sono un ritrattista, per un momento o un'espressione vera investo tutto me stesso. Non prima, non dopo, ma quando sono con il soggetto, nella stessa stanza. La storia è adesso, ricordiamocene sempre».
E con quelli
abituati a recitare una parte, i politici ad esempio?«A volte una maschera dice la verità più di ogni altra cosa. Io non la levo: non voglio ottenere più di quello che la persona è disposta a darmi in quell'istante».
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