"La rivolta di giudici e pm? Prova che serve la riforma"

Il penalista presidente della Fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto: "La protesta contro le carriere separate? Autogol"

"La rivolta di giudici e pm? Prova che serve la riforma"
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«Se si voleva una conferma della necessità della separazione delle carriere, quelle scene con i giudici e i pubblici ministeri che escono a braccetto dalle aule sono la controprova perfetta».

Giuseppe Benedetto, avvocato penalista di lungo corso e presidente della Fondazione Einaudi, racconta così la sua impressione su quanto visto sabato mattina nei palazzi di giustizia di tutta Italia, con centinaia di magistrati che abbandonano le inaugurazioni dell'anno giudiziario per protesta contro la riforma costituzionale varata dal governo Meloni. «Un clamoroso autogol», lo definisce Benedetto.

Ormai tra toghe e governo sulla separazione delle carriere tra giudici e pm è scontro al calor bianco. Eppure a cambiare davvero funzione sono poche decine di magistrati all'anno. Perché tanto vigore da una parte e dall'altra?

«Semplice. È vero che le porte girevoli di una volta non ci sono più, i pm che diventavano giudici e poi tornavano pm appartengono al passato. A rendere indispensabile la separazione delle carriere ci sono patologie ancora più serie: a partire dalla valutazione della professionalità, con i giudici che valutano i pm e viceversa, che crea intrecci perversi le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il 99,6 per cento di giudizi positivi. Un dato che offende l'intelligenza».

Oggi il pm deve cercare le prove anche dell'innocenza dell'imputato. Se lo stacchiamo dalla magistratura giudicante continuerà a farlo?

«Io quella norma la cancellerei dal codice perché è una colossale presa in giro. Qualcuno ha mai visto un pm che la applica? Separando le carriere si esce dall'ipocrisia, il pubblico ministero diventerà l'avvocato dell'accusa come io sono l'avvocato della difesa. Dirò di più: il passo successivo alla separazione delle carriere deve essere la separazione dei palazzi. Nei tribunali devono esserci gli uffici dei giudici e stop. Le Procure della Repubblica stiano da un'altra parte, come gli avvocati. Il mio amico Giorgio Stracquadanio lo proponeva trent'anni fa».

L'Anm sostiene che la contiguità tra giudici e pubblici ministeri è un falso mito, e lo dimostra la grande quantità di assoluzioni che vengono pronunciate.

«E intanto, prima di quelle assoluzioni, cosa è accaduto? Il momento dove la colleganza tra magistrati si sviluppa in pieno è quello delle indagini preliminari, il gip e il gup dovevano essere arbitri delle iniziative delle Procure e invece sono diventati dei passacarte dell'accusa, rinviano a giudizio gli imputati tanto se sono innocenti ci penserà il tribunale". Intanto la gente si ritrova con la vita rovinata, decine di migliaia di persone passano per esperienze da cui non si riprenderanno più».

E questo accade dopo anni, a volte decenni.

«Ma in realtà il processo dura un'ora».

In che senso?

«Un'ora, il tempo della conferenza stampa in cui il Procuratore della Repubblica, circondato dai microfoni, annuncia di avere sgominato la potente organizzazione criminale attiva nella zona di sua competenza. Tutto finisce lì, di quanto accade dopo, quando si fa il vero processo, non interessa niente a nessuno, tranne che agli imputati e ai loro avvocati. Oggi i pubblici ministeri sono i padroni assoluti del procedimento»

Due Consigli superiori separati, due carriere separate. Non sarebbe logico anche fare concorsi separati per accedere alle due funzioni? Se uno è un bravo pm non è detto che sia anche un bravo giudice.

«Io sono assolutamente d'accordo, e ha fatto bene Enrico Costa a presentare un ordine del giorno in questo senso. L'ipotesi era stata dibattuta all'interno della maggioranza, poi nel testo della riforma non è entrato. Ma si potrà provvedere con legge ordinaria».

Il prossimo passo sarà mettere il pm

sotto controllo del governo, come teme l'Anm?

«In Francia è già così e nessuno si lamenta. Ma servirebbe un'altra riforma costituzionale, e già per avviare questa sono serviti trent'anni. L'Anm può stare tranquilla».

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