La rivolta della Puglia contro il gasdotto. Sit-in e blocchi in difesa di 211 ulivi: cariche della polizia

A Melendugno dovevano iniziare i lavori del Tap dopo l'ok del Consiglio di Stato, ma i comitati fermano i camion. Gli agenti intervengono. Emiliano: "Ora altri ricorsi"

La rivolta della Puglia contro il gasdotto. Sit-in e blocchi in difesa di 211 ulivi: cariche della polizia

Lecce - Oltre il cancello che delimita il cantiere ci sono i camion dell'azienda e gli ulivi da portare via avvolti nei teli bianchi: sembrano mummie. Muti testimoni di una giornata ad alta tensione che si è consumata dopo mesi scanditi da proclami e polemiche. Dall'altra parte ci sono i manifestanti, un folto drappello di sindaci, consiglieri regionali, ambientalisti, esponenti politici, componenti di associazioni e anche gente comune: protestano, alzano le mani, scandiscono slogan e si siedono per terra per bloccare gli accessi. In mezzo sono sistemati polizia e carabinieri: un cordone di agenti e militari in tenuta antisommossa che utilizzano gli scudi per aprire un corridoio tra la folla. Quaggiù, in contrada San Basilio, territorio di San Foca, marina di Melendugno, piccolo centro della provincia di Lecce dove è previsto l'approdo del gasdotto Tap che porterà il gas in Europa dall'Azerbaijan, la tensione si è accumulata in particolare nell'ultima settimana ma è schizzata all'improvviso all'alba di ieri, a poche ore dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha sbloccato i lavori.

E così, paradossalmente, proprio mentre i giudici cristallizzano in una sentenza la regolarità del procedimento amministrativo e stabiliscono una volta per tutte che non si profila alcuna violazione ambientale, la protesta più o meno pacifica del passato rimasta sotto controllo grazie a una fitta opera di mediazione tra azienda e prefettura, assume invece improvvisamente i contorni di una rivolta.

I disordini sono scoppiati quando gli agenti hanno forzato il blocco imposto dai manifestanti per impedire il passaggio dei camion utilizzati per portare via gli ulivi da rimuovere. Il piano prevede il taglio (e il successivo reimpianto) di 211 piante, le opere sono cominciate il 17 marzo e si sono fermate quattro giorni dopo, quando in 200, tra cui vari sindaci della zona, si sono sistemati dinanzi agli autocarri e alle ruspe. Ma dopo il via libera del Consiglio di Stato l'attività doveva necessariamente riprendere. E così è stato. Poco prima delle 7 polizia e carabinieri sono entrati in azione una prima volta facendo bene attenzione a non utilizzare i manganelli, ma intorno alle 13 hanno dovuto effettuare leggere cariche per consentire l'apertura del cancello e il passaggio degli autocarri, e per isolare il gruppo più turbolento. A quel punto la situazione è precipitata: pietre contro gli agenti, urla, spintoni, qualcuno si è sentito male nella calca ed è rimasto contuso, un uomo che fa lo sciopero della fame da una settimana ha accusato un malore ed è stato necessario l'intervento di un'ambulanza. «Siamo arrivati a questo, ci hanno caricato», dice il sindaco di Melendugno, Marco Potì, che lancia un appello alla Regione. Alla fine i camion sono usciti e hanno portato via 28 ulivi. Poi l'attività è stata sospesa. Ma l'area rimane una polveriera che non promette nulla di buono.

Intanto a Bari, dove due giorni fa ha presentato la sua mozione per la segreteria Pd, il governatore Michele Emiliano promette di andare avanti nella battaglia giudiziaria contro il gasdotto. Il presidente della Regione, che il giorno prima della sentenza del Consiglio di Stato aveva bollato l'opera come «illegittima», definisce «drammatiche» le notizie provenienti da San Foca, e torna ad attaccare a muso duro il governo e quella che secondo lui è «una concezione servile della politica rispetto agli interessi dei grandi gruppi economici».

Nello stesso tempo, pur ammettendo di aver incassato una «pesante sconfitta giudiziaria da parte del Consiglio di Stato», il governatore snocciola le cartucce che gli restano sul fronte giustizia: e così spiega di aver impugnato la nota del 27 marzo con cui il ministero dell'Ambiente autorizza Tap ad avviare le attività preparatorie per l'inizio dei lavori, ricorda che è sempre

pendente l'opposizione dinanzi alla Corte costituzionale e promette di avviare «ogni ulteriore eventuale iniziativa giudiziaria» per modificare il punto di approdo del gasdotto. Come dire: finché c'è ricorso c'è speranza.

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