Rivoluzione criptovalute. Ecco tutte le insidie dietro l'economia virtuale

Il governo ha dato più poteri a Consob e Bankitalia per vigilare su Bitcoin e Nft, la Bce punta sull'euro digitale. Ma la loro convivenza è quasi impossibile

Rivoluzione criptovalute. Ecco tutte le insidie dietro l'economia virtuale

Compreremo presto il pane con una criptovaluta? L'economia diventa ogni giorno più liquida, i contanti sono destinati a sparire (presto o tardi), il denaro diventerà digitale, con tutte le insidie che questo comporterà. Ma come fare a far convivere denaro «vero» con valute virtuali e tutti i cripto asset e i token digitali come gli Nft nati quasi per gioco alla fine del 2008?

La criptovaluta è come un file, che viene custodito da un wallet o da una piattaforma di scambio tramite un'app, su smartphone o un computer. Oggi ce ne sono oltre 20mila (le più scambiate sono Usdt, Ethereum, Tether e Dogecoin), sono un investimento volatile e insicuro, con un rapporto rischio-rendimento decisamente sproporzionato. Per il governatore di Bankitalia Fabio Panetta sono «una forma di finanza deleteria», eppure sempre più italiani ne sono affascinati. Degli oltre 1.300 operatori di valute virtuali regolamentati e vigilati in Europa, 131 sono in Italia. Avere un portafoglio digitale espone anche al rischio frodi. L'Italia è tra i cinque Paesi al mondo più colpiti dai cybercriminali attraverso il cosiddetto phishing, la truffa telematica per ottenere le credenziali di accesso ai conti bancari. Nel 2022 sono stati rubati asset per 3,8 miliardi di dollari, in crescita rispetto ai 3,3 miliardi del 2021. Poi c'è il problema della tassazione. Dal 2023 è possibile regolarizzare il possesso di cripto attività, allineate alle valute estere, ma le circolari dell'Agenzia delle Entrate non sono fonti del diritto, come sottolineano anche varie sezioni della Cassazione e la Consulta.

La prima e più famosa criptovaluta al mondo è il Bitcoin, diviso in tante piccole unità chiamate satoshi, ognuna delle quali vale 0,00000001 bitcoin. Nasce da un concetto che si può definire anarchico, elaborato in un white paper da un Satoshi Nakamoto. Se l'euro deve il suo valore alla solidità della Bce, la prima moneta digitale nasce in 21 milioni di esemplari, senza garanzie sottostanti, a un valore che dipende da quanto siamo disposti a pagarlo e che si scambia alla pari, senza intermediari e senza interferenze, in modo sicuro e tracciato su una sorta di libro mastro digitale noto come blockchain, condiviso da tutti coloro che posseggono o hanno posseduto un Bitcoin. Migliaia di computer in tutto il mondo competono per registrare e verificare le transazioni sulla rete facendo mining, una complessa operazione di calcolo computazionale decisamente energivoro e non molto redditizio. Eppure l'idea ha funzionato così bene che da poche decide di dollari oggi il Bitcoin ne vale circa 60mila, è arrivato a quasi 70mila ma pochi anni fa ne valeva 12mila.

Se la filosofia Bitcoin rende questa moneta attrattiva, nonostante il rischio speculativo che nasconde, le migliaia di criptovalute nate in modo disordinato, emesse senza troppi controlli e scambiate con disinvoltura hanno convinto molti italiani, per lo più giovanissimi. Con esiti non sempre felici. Sono 3,6 milioni gli italiani che possiedono criptovalute, con valori tra 911 milioni e un miliardo di euro, il 40% ha tra i 18 e i 29 anni. Circa la metà è in mano alle piattaforme di scambio come Coinbase, Crypto.com o Binance, ma su quasi 200 piattaforme quelle più sicure dal rischio di attacchi hacker sono una decina. In passato alcune valute sono sparite nel nulla, inghiottendo i risparmi di milioni di persone. Nel periodo nero dal 2021 al 2022, per colpa di una serie di fattori, il crollo dei prezzi delle criptovalute ha bruciato 2mila miliardi di euro di valore, cogliendo milioni di investitori impreparati perché l'acquisto di monete virtuali non era soggetto alle norme in materia di trasparenza dei prodotti bancari e era sprovvisto di specifiche forme di tutela.

Crypto-asset e Non fungible tokens o Nft, per non parlare delle cosiddette privacycoin come Monero, difficili da decriptare per scoprirne beneficiari e controvalore, sono una sorta di «bene rifugio» per le grandi organizzazioni terroristiche e criminali per nascondere i proventi dei loro traffici illeciti e convertire in cripto i proventi del riciclaggio derivanti da truffe cartiere, fatture false o frodi fiscali. Le indagini si sprecano: negli ultimi mesi la Guardia di Finanza ha sequestrato criptovalute per un controvalore di oltre 75 milioni di euro. Nell'aprile 2023 il Parlamento ha approvato una stretta sui trasferimenti delle criptovalute in chiave antiriciclaggio per transazioni sospette superiori a mille euro ma questo non basta a intercettare il fenomeno, come documenta il dossier Cyber organized crime della Fondazione Magna Grecia di Antonio Nicaso e Walter Rauti secondo cui «riciclaggio e cybercrime, crypto-assets e corruzione sono correlate».

«Ecco perché bisognerà fare degli interventi e disciplinare le cripto», sostiene da sempre Maurizio Leo, viceministro dell'Economia. Nei giorni scorsi l'esecutivo ha deciso l'introduzione di un regime sanzionatorio di tipo penale e amministrativo per chi manipola il mercato o viola il regolamento europeo Micar, al quale l'Italia si allineerà dal prossimo 30 giugno, dando a Bankitalia e a Consob poteri di regolazione, autorizzazione, vigilanza, revoca e sospensione dei prestatori di servizi per l'emissione e diffusione dei Bitcoin e delle altre valute (o token) virtuali, per tutelare i clienti sulla trasparenza e il corretto andamento delle negoziazioni e monitorare la stabilità patrimoniale e una sana e prudente gestione e contenimento del rischio. I prestatori di servizi per cripto-attività, valuta virtuale e portafoglio digitale, per essere autorizzati, dovranno essere iscritti nel Registro Oam degli Agenti e dei mediatori creditizi e aver presentato istanza di autorizzazione come Casp, ovvero Crypto-asset service provider, entro il 30 dicembre 2024. «È finita l'epoca dell'anarchia regolamentare. Anche per il mercato delle cripto e per chi ci opera più regole e, finalmente, più trasparenza», dice al Giornale Fabrizio Vedana di Across.

Anche l'euro digitale è destinato a competere con le criptovalute, con una sostanziale differenza: il valore. L'euro è una criptocurrency o Cbdc, (Central backed digital currencies) una moneta digitale ancorata a una valuta ufficiale a una Banca centrale. Oltre alla Bce altre 94 banche centrali - secondo una recente ricerca del Politecnico di Milano - stanno esaminando o sperimentando la propria valuta digitale. Uno dei pionieri e dei principali sostenitori dell'euro digitale garantito Bce, a valore fisso come valuta alternativa «ma non sostituiva del contante» è proprio Panetta, già nel board della Bce, che con il governatore della Banca centrale tedesca sta portando avanti questa «trasformazione digitale» dell'economia.

Nei giorni scorsi il presidente della Consob Paolo Savona ha espresso la necessità di raccordare la contabilità dell'euro digitale con quella degli strumenti finanziari tradizionali e dei «cryptoasset a contabilità decentrata in vertiginosa crescita, ancora tutte da legittimare vista la scarsa accountability e la poca trasparenza», in vista dell'inevitabile

«dematerializzazione» dell'economia, purché siano tutte ricondotte alle stesse autorità di controllo finanziario. Far convivere denaro garantito e token virtuali altamente speculativi sembra una sfida impossibile da vincere.

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