Sono passati 30 anni di fallimenti dalla conferenza di pace di Madrid, e ancora l'Europa non l'ha capita. Io c'ero a quella conferenza, piena di speranza che il conflitto israelo-palestinese trovasse se non una soluzione almeno un capo e una coda, e con esso si placasse l'odio antisraeliano e venisse a compimento l'idea di due stati per due popoli. Ma uno dei due, non voleva: quello palestinese. Quello che vedemmo già allora era il farsi di giorno di una tela di Penelope di chiacchiere che di notte, quando i membri della delegazione andavano in volo a riportare gli eventi ad Arafat a Tunisi, veniva disfatta. Tornavano alle riunioni carichi di odio, sicuri che Israele doveva essere distrutto.
Adesso Madrid e Roma ripropongono una conferenza di pace. Sanno benissimo che da trent'anni i tentativi sono stati molti. La sottoscritta, da giornalista, purtroppo non ne ha mancato uno, e sono andati tutti nello stesso modo. Il decantato accordo di Oslo firmato da Rabin e Arafat, finito nel bagno di sangue della Seconda Intifada. Arafat rientrò trionfalmente, le città palestinesi furono sgomberate fino all'ultima consentendo al 98% dei palestinesi di vivere sotto il governo, fino a oggi. Anche Gaza nel 2005 è stata sgomberata e ancora i palestinesi amano parlarne come di terra occupata. Nel frattempo ci sono state parecchie altre conferenze di pace alla fine delle quali a fronte delle molteplici vantaggiosissime offerte di terra da parte di Israele i palestinesi hanno sempre risposto con dei no e con ondate di terrore.
L'Ue sappia che non tutto il mondo arabo è contro la pace: lo dimostrano i patti di Abramo. Se i palestinesi capiranno che una vera amicizia può fiorire, pace contro pace, fra chi lo desidera veramente, forse usciranno dal loro desiderio di distruzione razzista. Emirati, Bahrein, Marocco, Sudan oltre all'Egitto e alla Giordania sono in pace con Israele. Israele sa darla, i Paesi arabi sanno lavorare insieme. I palestinesi, se l'Europa avesse davvero voluto coinvolgerli in un processo di pace, avrebbero dovuto essere invitati a Bruxelles nell'ambito della pace di Abramo, perché è quello l'involucro positivo. Non il solito disprezzo per cui a Israele ci si rivolge come a un suprematista invasore. La questione dell'occupazione, che è l'unica parola che l'Ue sa compitare, deve recuperare il suo significato storico: qui siamo a fronte di terre disputate, questione di suprema sicurezza e di reciproca accettazione. Non è fatta certo solo di terra la pace, è fatta di pregiudizio religioso e ideologico da parte palestinese, ma non più arabo.
Ma non vi sembra che prima di rimettervi a progettare altre conferenze di pace, che il paradigma europeo vada riletto completamente? Quanto ad Abu Mazen, non vi siete accorti che è un dittatore i cui oppositori vengono uccisi? Che i denari che gli donate spariscono in vortici incontrollati? Che ha appena cancellato le
elezioni dopo 17 anni di inutile e dannoso potere? La proposta di un ennesimo vertice di pace è di guerra al popolo palestinese stesso, che forse desidera la pace proprio come quello dei patti di Abramo ma non può dirlo.
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