Milano Non un furto ai danni dello Stato ma l'utilizzo indebito di fondi messi a loro disposizione dai gruppi consiliari: una differenza che al profano può apparire sottile e che invece risulta decisiva nell'azzerare o quasi il processo per le allegre spese dei consiglieri regionali della Lombardia, colpiti nel 2012 dalla indagine della Procura di Milano. Era il periodo in cui un po' in tutta Italia la magistratura andava a scavare nelle abitudini di spesa dei consiglieri regionali, scovano quasi ovunque irregolarità a volte persino grottesche.
Ma il processo ai consiglieri regionali lombardi impiega dieci anni per arrivare alla sentenza definitiva, e questo fa sì che il nuovo reato contestato agli imputati - indebita percezione di erogazioni pubbliche anziché peculato - sia coperto dalla prescrizione. Viene così annullata definitivamente la condanna di esponenti di quasi tutti gli schieramenti. Tra questi ci sono l'eurodeputato Massimiliano Romeo e il piddino Luca Gaffuri. Alcuni indagati erano usciti di scena già nei gradi precedenti, come l'ex consigliere di Forza Italia Nicole Minetti che in appello aveva scelto di patteggiare la pena di 14 mesi.
A venire condannati definitivamente giovedi sera sono solo tre imputati: la leader dei pensionati Elisabetta Fatuzzo, che gestiva in proprio la cassa del gruppo, e Corrado Paroli, genero del capogruppo leghista Stefano Galli, che percepiva fino a diecimila euro al mese per imprecisate attività di volantinaggio. Stessa sorte per il leghista bergamasco Giosuè Frosio.
Un nuovo processo, ma anche questo sul crinale della prescrizione, è stato
disposto dalla Cassazione per un piccolo gruppo di imputati, tra cui Renzo Bossi, figlio del Senatùr: riguarda i pranzi e le cene consumati d'intesa con i capogruppo al «Berti», l'ottimo ristorante ai piedi di Palazzo Lombardia.
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