I l commosso e commovente monologo di Rula Jebreal, toccante e ben costruito, accompagnato dalle più belle canzoni pop di musica italiana, non ha aggiunto nulla alla complessa questione della violenza sulle donne in occidente. «L'assassino non bussa alla porta perché ha le chiavi di casa» fu lo slogan della prima manifestazione femminista contro la violenza di genere organizzata tredici anni fa dalla Casa Internazionale delle Donne di Roma. «Se consideriamo il discorso pronunciato dalla Jebreal a Sanremo come rivolto al cuore, alla nostra sensibilità di persone sane, lo condividiamo e ci commuove. La mente ci dice che è ugualmente inaccettabile ogni violenza nei confronti di qualsiasi essere umano, indipendentemente dall'età, dal sesso e da ogni caratteristica che distingue l'uno dall'altro. Tuttavia il cuore è meno imparziale: siamo stati tutti bambini; la nostra mamma, una donna, è stata per lungo tempo l'essere più importante che esistesse al mondo: sentiamo la violenza nei confronti delle donne come rivolta anche a noi stessi» spiega lo psichiatra Sabino Nanni. Dalla prima protesta femminista non è stato fatto nulla per prevenire il femminicidio. «Dopo la riprovazione del cuore, la mente dovrebbe suggerire una visione delle cose più indipendente dai sentimenti d'origine infantile» chiosa lo psichiatra. Il femminicidio, imputato ad una generica misoginia, che vede la donna come essere passivo e inferiore, mal si attaglia alla cultura occidentale a cui si è rivolta la Jebreal. È nei paesi arabi che la condizione della donna necessita ancora di una lotta per i diritti umani elementari e le più scontate pari opportunità, in occidente si assiste a drammi relazionali che culminano spesso nell'omicidio-suicidio. Le donne non sono uccise in quanto donne ma in quanto mogli e compagne di cui l'assassino non riesce a fare a meno. «Ad esempio una donna che illude il suo uomo e se stessa di esistere esclusivamente per il compagno si espone ad un grave pericolo, soprattutto se costui è un bambino mal cresciuto, un essere dai sentimenti primitivi capace, alla prima delusione, di passare dall'adorazione all'odio feroce. Le donne che scelgono l'uomo-bambino nella speranza di dominarlo commettono un grave errore: non tengono conto della sua intransigenza infantile. Il compagno, per quanto grande sia la loro abnegazione, non potrà mai accettare la minima delusione, e vorrà lavarla col sangue» analizza Nanni e conclude: «Qui ci sono i limiti maggiori del discorso della Jebreal: è un discorso puramente emotivo, che non sa porsi al di sopra delle parti per cogliere la complessità del fenomeno.
I fatti dimostrano che la condanna morale non ferma la violenza che può essere risolta solo favorendo la maturazione degli individui e l'evoluzione della cultura cui essi appartengono. Una cultura rigidamente patriarcale, come quella musulmana da cui proviene la Jebreal, ma di cui non ha fatto menzione, non può che contrastare tale evoluzione ed esasperare la mortificazione della donna».
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