In Russia nessuno crede più alle bugie del regime. Dai blog pro Zar parte la guerra alla propaganda

Se la stampa deve restare allineata, crescono le voci critiche dopo la strage di Makiivka. "Colpa dei cellulari dei soldati? Vogliono scaricare le responsabilità"

In Russia nessuno crede più alle bugie del regime. Dai blog pro Zar parte la guerra alla propaganda

In quel mondo alla rovescia che è la Russia di Putin, dove puoi beccarti 15 anni di galera se chiami guerra la guerra e altrettanti se critichi chi non riesce a vincerla, gli unici autorizzati a sparare sul pianista sono blogger e commentatori certificati come fedelissimi del Cremlino. Quelli con la Z dell'«operazione speciale» tatuata sul bicipite, per intenderci, quelli che se criticano lo fanno comunque partendo dall'assunto che attaccando l'Ucraina «nazificata» Putin ha avuto tutte le ragioni dalla sua. Tra questi personaggi spicca un signore che si chiama Semyon Pegov, meglio conosciuto dagli appassionati del mondo dei blog militari con lo pseudonimo WarGonzo con cui preferisce firmarsi.

Pegov, che lo scorso 20 novembre è stato premiato da Putin in persona con l'Ordine del Coraggio, è al di sopra di ogni sospetto: la Z ce l'ha tatuata nel cervello. L'occasione per muovere critiche severe ai vertici militari russi gliel'ha fornita la strage di Capodanno compiuta dagli ucraini a Makiivka, nel Donbass occupato, di cui si parla con entusiasmo a Kiev e con crescente imbarazzo in Russia da ormai cinque giorni. Un centinaio scarso di soldati uccisi secondo fonti ufficiali russe, circa 400 a sentire gli ucraini. In ogni caso, un'umiliazione non inferiore a quella dell'affondamento dell'ammiraglia della flotta del Mar Nero «Moskva» nello scorso aprile, o della ritirata da Kherson in novembre. Come sempre capita in simili occasioni, i generali negano l'evidenza o scaricano le colpe verso il basso: la «Moskva», ad esempio, non è mai stata colpita dagli ucraini secondo la versione ufficiale russa, e se a Makiivka quattro missili Himars hanno fatto scempio di un intero battaglione la colpa non è degli ufficiali responsabili del loro folle accasermamento accanto a un deposito di armi non mimetizzato, ma dei soldatini freschi di mobilitazione che si sono fatti individuare dal nemico usando i loro cellulari privati per telefonare a casa.

WarGonzo sorta di Walter Cronkite del regime putiniano non è riuscito a inghiottire questa ennesima menzogna, e un po' come il cronista americano dei tempi del Vietnam ha aperto il suo virtuale fuoco amico contro il quartier generale. Il tono complessivo è cauto, ma il messaggio è chiaro: «La storia dei cellulari non è molto convincente, anche se il loro uso contro il regolamento è censurabile ha scritto su Telegram -. Raramente mi esprimo così, ma questo è un caso in cui sarebbe probabilmente meglio rimanere in silenzio, almeno fino alla conclusione delle indagini. Così, sembra un tentativo di scaricare altrove le responsabilità». No dunque a «un palese tentativo di diffamare e di incolpare», mentre «secondo mie fonti che non posso rivelare ma che ritengo affidabili, i morti sarebbero notevolmente di più degli 89 ufficialmente riconosciuti». Pegov ricorda inoltre che i droni ucraini possono vedere dall'alto i movimenti delle truppe russe e che «siccome i proiettili Himars di fabbricazione americana sono armi costose, non vengono sparati a caso».

Nella città russa di Samara (la ex Kuybishev sovietica), da cui proveniva la gran parte delle vittime, e in altri centri minori della sua provincia, si sono intanto svolte rare pubbliche celebrazioni in onore dei caduti di Makiivka (di solito il regime cerca di non dare pubblicità ai funerali dei soldati uccisi in Ucraina). Qui non sono state ammesse pubbliche critiche, il clima era patriottico ed erano presenti militanti del partito putiniano Russia Unita con le bandiere.

La moglie di un generale, a nome di un gruppo di spose di militari, ha chiesto «vendetta» e ha pronunciato, inconsapevolmente, una verità imbarazzante per il Cremlino: «Dobbiamo schiacciare il nemico uniti, perché ormai non abbiamo più scelta».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica