Quella «farsa» delle elezioni nelle terre strappate con la forza a Kiev. Quella «brutale» aggressione russa all'Ucraina che va avanti da più di due anni. Quel sistema di liberarsi degli oppositori. «Il nome di Navalny sarà ricordato come il simbolo del sacrificio per la libertà». Insomma Giorgia al Senato non fa giri di parole: Salvini, assente, può dire ciò che vuole, la linea italiana è ancorata nella Ue e nella Nato, e non cambia. Dunque niente cedimenti a Putin, niente negoziati con il Cremlino. «Come ci si può sedere al tavolo delle trattative con chi non ha mai rispettato gli accordi?». Ma nessun intervento militare diretto sul fronte, come propone la Francia. «Non siamo favorevoli a questa ipotesi foriera di un'escalation pericolosa da evitare a ogni costo». Macron si plachi.
A Palazzo Madama la premier riferisce sullo stato dell'arte in vista del Consiglio Europeo di giovedì e venerdì. Sono giorni tumultuosi, un viaggio dietro l'altro, lei però non si sente stanca. «Rinuncerei alla guida della nazione solo se me lo chiedesse mia figlia Ginevra - spiega in un'intervista ad Agorà, Rai 3 - oppure se mi accorgessi di non avere più il consenso della gente». Governare tanto per governare? «No grazie, non sto qua a sopravvivere. Alle Europee punto al 26 per cento. Non tutto riesce perfettamente, importante è sapere che stai incidendo».
Intanto c'è un vertice Ue alle porte. Esclusa l'idea di spedire truppe in Ucraina, resta l'impegno a rafforzare la difesa comune europea. «La Nato del futuro dovrà avere due gambe, quindi dobbiamo sviluppare quella europea. E occorre spendere per la sicurezza, la libertà non è gratis». Ben venga l'allargamento dell'alleanza atlantica. «Condanniamo ogni atteggiamento aggressivo della Russia contro Svezia e Finlandia e i Paesi baltici». E il Medio Oriente. Hamas, dice la Meloni, ha dato il via al conflitto. Però «non possiamo restare insensibili di fronte alle vittime civili a Gaza». La reazione di Israele è legittima ma deve «essere proporzionale», Roma perciò «è contraria a un'azione militare a Rafah» che avrebbe «conseguenze catastrofiche». L'Italia si batte «per il cessate il fuoco» e appoggia «gli sforzi di mediazione» degli arabi moderati. Ci vorrà tempo, non si vedono spiragli per una pace vera. Nel frattempo la priorità è «la consegna in sicurezza degli aiuti umanitari». Per il futuro la soluzione è «due popoli e due Stati. L'Europa ne sia protagonista».
Nel Mar Rosso, l'Italia è al comando dell'operazione Aspides. «Ringrazio la Marina e l'equipaggio della Duilio per la risposta efficace agli attacchi. Sappiamo quanto le minacce degli Houthi facciano parte di un disegno più vasto che vede purtroppo l'Iran impegnato». Il governo italiano sta battendo la via diplomatica, come dimostra il memorandum di domenica con l'Egitto che, nella cornice del Piano Mattei, servirà anche per controllare l'immigrazione e aprire mercati alle nostre imprese. «Siamo orgogliosi dell'iniziativa - dice ancora la premier - e spero che finiscano le opposizioni ideologiche e strumentali all'accordo». Certo, rimane in piedi il caso Regeni. «Ma non abbiamo mai smesso di cercare la verità». Il Consiglio Ue sarà «l'occasione per fare il punto sulla risposta all'immigrazione clandestina e sul traffico di esseri umani».
E se il dossier sbarchi fa parte degli ordini del giorno di Bruxelles, «il merito è dell'Italia». Conclude invitando i partner della Ue al dialogo con Orbán e «con tanti leader di cui non condivido la linea politica». Trattare infatti uno Stato membro «da paria significa indebolire l'Unione».
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