Il più felice è Bruno Vespa, il più preoccupato è il premier Giuseppe Conte, quelli che ne usciranno bene, in ogni caso, saranno loro due: Matteo Salvini e Matteo Renzi. Il duello tanto voluto e tanto rimandato alla fine si farà e andrà in onda su Raiuno, il 15 ottobre, a Porta a Porta, dopo la partita di calcio Italia-Liechtenstein. La nota che conferma l'incontro è stata diffusa dalla redazione del programma e spazza via così le indiscrezioni che lo davano per fallito. La proposta era stata formulata, alcune settimane fa, da Renzi, in piena campagna promozionale per lanciare il suo nuovo partito Italia viva, ed è stata accettata da Salvini. Saltato in precedenza, prima delle elezioni politiche a causa del rifiuto di Salvini, il duello si tiene invece oggi che le parti sono ribaltate. Renzi è la spina all'interno del governo mentre il segretario della Lega è l'avversario di tutti quanti e da tutti quanti viene ancora considerato la minaccia. In un messaggio indirizzato ai suoi sostenitori, Renzi si è dichiarato euforico dell'avvenimento: «Mi fa piacere che Salvini abbia accettato. Finalmente ci confronteremo con l'omonimo. Sarà divertente». Senza dubbio, lo sarà anche per Salvini dato che, ieri, per prepararsi, non ha fatto altro che pizzicarlo a distanza: «Da Renzi non aspetto pudore e dignità». Salvini ha perfino tolto dallo scaffale i libri dello scrittore Leonardo Sciascia per trovare la critica giusta: «Come li definiva Sciascia? Uomini, ominicchi, quaquaraquà, lascio a voi. Non mi interessa Renzi». E però, ci è ritornato: «Renzi, la Boschi, vanno alla Leopolda, raccolgono tanti soldi, buon per loro. Gli lascio i soldi, i ministeri e mi tengo la mia dignità». Il suo partito? «Ditemi se è normale uno che ha votato la fiducia a un governo abusivo e il giorno dopo del giuramento dei sottosegretari fa la scissione» ha continuato Salvini. In tutto questo, il vero paradosso è che a Renzi rimproverano di fare la parte di Salvini, al punto che nel Pd, il vicesegretario, Andrea Orlando, ha paragonato la sua Leopolda al Papeete Beach. Lui ha replicato: «Si continua a combattere il Matteo sbagliato, a non aver chiaro chi è l'avversario». E parlando di cose non chiare, sempre meno lo è il Russiagate che sempre più sta risucchiando Renzi in una storia di spie, Stati, incroci fra ex protagonisti della sinistra italiana. Tra le accuse mosse c'è quella di George Papadopoulos, gola profonda del Russiagate, ex collaboratore del presidente Donald Trump, che ha parlato di un piano dell'amministrazione Obama ai danni di Trump e che, a suo dire, coinvolgerebbe anche l'Italia in quegli anni governata da Renzi. «Fake news contro di me» ha già denunciato Renzi che ha rilasciato un'intervista al Washington Post per allontanare quelle che reputa calunnie: «Sembra un film comico di terza categoria e quando ti ritrovi di fronte a un film comico di terza categoria che non fa nemmeno ridere, bisogna reagire».
E sempre per reagire, Renzi ha spostato l'attenzione sulla Link, università crocevia dei protagonisti di questo intreccio: «La Link è oggetto dell'attenzione dell'intelligence americana: io non ho rapporti, è dove insegna D'Alema. Io non la conosco ma bisognerebbe fare chiarezza». A proposito di D'Alema, in una intervista di ieri, a La Stampa, in merito al Russiagate, ha risposto: «Non vedo il giallo». Meno chiaro di così
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