Il Russiagate non si ferma più. Nei guai un ministro di Trump

John Sessions, titolare della Giustizia, è accusato di contatti illeciti con Mosca. I democratici: si dimetta

Il Russiagate non si ferma più. Nei guai un ministro di Trump

New York - Il Russiagate è diventato una valanga che avanza in modo inesorabile e rischia di travolgere l'amministrazione Trump. Dopo il generale Michael Flynn, costretto a dimettersi da consigliere alla sicurezza nazionale per aver mentito all'Fbi e al vice presidente Pence per aver avuto ripetuti contatti non autorizzati con funzionari russi, ora è il neo ministro alla giustizia Jeff Sessions ad aver mentito sotto giuramento alla commissione del Senato sostenendo di non aver mai avuto rapporti con il solito ambasciatore russo a Washington, Serghei Kislyak.

In realtà il Washington Post, imbeccato da qualche agente-spione (forse dell'Fbi) ha scritto ieri come Sessions abbia incontrato per ben due volte lo scorso anno l'ambasciatore russo, che è considerato dal Dipartimento di giustizia come un alto funzionario dello spionaggio russo promosso in diplomazia da Putin in persona. Sessions in un comunicato ha subito smentito ogni cosa: «Non ho mai incontrato funzionari russi lo scorso anno. È falso».

L'ironia è che il neo ministro della giustizia ha usato quasi le stesse parole del presidente Clinton che sotto giuramento nel 1999 disse: «Non ho mai fatto sesso con quella donna». E tutti ricordano come sia finita la vicenda Lewinsky. Il presidente Clinton evitò l'impeachment perché occorre il voto di 60 senatori (su 100) per essere cacciati dalla Casa Bianca. Ma per aver mentito sotto giuramento, Clinton è stato buttato fuori dall'ordine degli avvocati e non potrà più praticare legge per il resto della sua vita. Sessions rischia fino a 5 anni di carcere per aver mentito alla commissione del Senato e come ministro della giustizia ha i giorni contatti: o si dimette o rischia l'impeachment.

Il presidente Trump ha confermato la sua «assoluta fiducia» in John Sessions «attaccato faziosamente dai democratici», che chiedono subito le dimissioni del neo ministro della giustizia e l'immediata nomina di un Procuratore speciale, come avvenne con lo scandalo Lewinsky. «Bisogna indagare e far luce sulle interferenze nelle elezioni presidenziali della Russia e sui ripetuti contatti che lo staff di Trump ha avuto con alti funzionari russi, sia negli Usa che in Europa», ha spiegato Chuck Schumer, leader dei democratici al Senato.

Ricordiamo che il Dipartimento della giustizia ha poteri di supervisione e controllo sull'Fbi che sta indagando da più di un anno sulle accuse alla Russia di Putin di aver inficiato e manipolato le elezioni presidenziali americane. «Il ministro Sessions deve dimettersi perché ha mentito agli americani sotto giuramento; lo spergiuro è un reato gravissimo specie per un ministro della Giustizia nonché avvocato, il quale nell'immediato deve ricusarsi dalle indagini dell'Fbi sui rapporti Russia-Trump, perché è parte in causa, ha mentito sapendo di mentire», ha aggiunto Nancy Pelosi, leader democratica al Congresso.

Tra i repubblicani sono diversi i senatori influenti come Lindsey Graham (nemico dichiarato di Trump) e congressmen che hanno già chiesto che il ministro Sessions ricusi se stesso e si faccia da parte nelle indagini dell'Fbi sul Russiagate.

Intanto il New York Times ha pubblicato ieri come l'amministrazione Obama, prima di lasciare Washington, abbia preservato e diffuso in modo scientifico tra le varie agenzie dell'intelligence (Fbi, Dea, Dia, Nca e Homeland Security) telefonate registrate, email e altre prove sui ripetuti rapporti degli uomini di Trump con alti funzionari russi (materiale per lo più

fornito dall'intelligence inglese e olandese). Una strategia, questa, affinché la nuova amministrazione del presidente-tycoon non possa insabbiare e distruggere in alcun modo le diverse prove che portano alla pista russa.

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