Il tappo è definitivamente saltato e ora il conflitto in Ucraina potrebbe davvero arrivare a una svolta. Anche se non è del tutto chiaro quale svolta sia più probabile. Perché l'ok americano all'utilizzo delle armi donate a Kiev anche su suolo russo, seguito a quello tedesco e di quasi tutti i Paesi Nato, potrebbe portare a due conseguenze opposte. Costringere la Russia a trattare da una posizione non di forza o il concretizzarsi delle solite e puntuali minacce di escalation, anche nucleare. Sta di fatto che tra chi come l'Italia sceglie la prudenza e chi come l'Ungheria si schiera apertamente con Mosca, l'Occidente ha deciso e al vertice dei ministri degli Esteri della Nato a Praga ha ufficializzato la scelta di schierarsi ancora più nettamente.
Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha confermato: «Il cuore del nostro sostegno a Kiev è stato di adattare ciò che serve quando serve, e così abbiamo fatto: l'Ucraina è venuta da noi e ha chiesto il permesso per usare le armi, il presidente ha dato l'ok». A quanto si apprende il sì di Washington sarebbe comunque condizionato: resta il divieto di utilizzo di Atacms o missili a lungo raggio per ridurre il rischio di escalation. Blinken ha anche annunciato che «un pacchetto molto solido» di aiuti sarà approvato nel vertice dei leader Nato di luglio. Anche Berlino ha dato il suo benestare allo «sconfinamento» ucraino a scopo difensivo «nel rispetto del diritto internazionale», spiega una nota ufficiale. «Vogliamo tutti fermare questa guerra. Ma il paradosso è che più ci prepariamo per il lungo periodo, prima la guerra potrà finire», ha ribadito il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg. «Kiev esercita un diritto fondamentale. La Russia colpisce ospedali, scuole e centri commerciali, infrastrutture elettriche e uccide i civili. L'Ucraina si sta difendendo dalla spaventosa brutalità russa, la difesa non è un'escalation», spiega Stoltenberg che alza la posta: «Presto l'Ucraina entrerà nella Nato». Anche l'Unione europea ribadisce che l'Ucraina ha il diritto di difendersi ma specifica che «la competenza sulle restrizioni sulle armi dei Paesi membri è nazionale». In questo senso, resta prudente la posizione italiana. Il ministro degli esteri Antonio Tajani conferma «l'impegno a sostenere l'Ucraina con grande determinazione ma non si possono utilizzare le nostre armi al di là dei confini», mentre il titolare della Difesa Guido Crosetto spiega che «la nostra Costituzione ci impone dei caveat rispetto all'utilizzo delle armi che diamo all'Ucraina che devono essere necessariamente usate per la difesa» e dice: «La guerra si ferma quando la Russia smette di bombardare».
Se Zelensky saluta con favore la decisione degli USA e degli alleati parlando di «passo avanti per fermare la follia di Mosca» e la Cina conferma che non parteciperà alla conferenza di pace in Svizzera, la Russia, ovviamente, ne ha per tutti. Il ministro della Difesa Andrei Belousov attacca: «L'Occidente sta pompando armi nel Paese», mentre il solito Medevedev torna a sbandierare per l'ennesima volta lo spauracchio nucleare. «Hanno sbagliato i calcoli, potrebbero anche sbagliare i calcoli anche sull'uso delle armi nucleari tattiche. Anche se sarebbe un errore fatale».
Il premier ungherese Viktor Orbán è l'unica voce pro-Russia in Europa e arriva a dire che «gli alleati occidentali vogliono trascinare l'Ungheria in un conflitto armato», paragonandoli addirittura ad Adolf Hitler. Non a caso il portavoce del Cremlino Peskov approva: «Siamo d'accordo con Orbán. L'escalation della tensione continua». Ma a questo giro senza una Russia in posizione di forza. Almeno per ora, almeno oggi.
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