In cambio di un avverbio (del tutto pleonoastico) il governo incassa il via libera pressoché unanime di Camera e Senato alla missione Aspides nel Mar Rosso.
Votano no solo i quattro gatti rossoverdi di Avs, fieramente contrari a difendere le navi bombardate dai terroristi islamisti Huthi, armati dall'Iran. Mentre all'ultimo momento - con agile capriola - i Cinque Stelle si riposizionano e votano con maggioranza e Pd, dopo essersi astenuti in commissione. Con l'alibi dell'avverbio sbianchettato: la missione «eminentemente difensiva» resta «difensiva» e basta, come è scritto dall'inizio nel suo mandato.
Ma il governo, per agevolare il dietro-front grillino, fa finta di aver concesso una precisazione. «Aspides avrà compiti solo di natura difensiva», dice in aula il ministro degli Esteri Antonio Tajani, «ma questo significa possibilità di reagire in maniera militare, come è successo in occasione dell'attacco al cacciatorpediniere Caio Duilio». Mentre il titolare della Difesa Guido Crosetto esprime «soddisfazione» per la larga approvazione, grazie alla quale «l'Italia ora assume il comando tattico della missione europea».
L'opposizione, come è tradizione, si presenta all'appuntamento con cinque risoluzioni diverse, una per partito: quella di M5s, che non diceva pressoché nulla tranne «difensiva», ottiene la benedizione del governo. Quella del Pd, assai più articolata, viene bocciata nel passaggio relativo ai fondi a Unrwa da ripristinare. Approvati anche i testi di Azione e Italia viva. Respinto invece il documento Avs, che con Marco Grimaldi spiega che nel Mar Rosso finora «paesi come l'Italia hanno potuto comportarsi come autentici free rider del commercio internazionale», e che con gli Huthi bisogna percorrere «la via diplomatica».
Il ripensamento di Giuseppe Conte avviene nottetempo e dopo lunghi tira e molla. «Si sono resi conto che dire no mentre le nostre navi vengono attaccate sarebbe stato indifendibile», spiega il dem Stefano Graziano, che è stato tra i protagonisti della triangolazione tra M5s e governo: «Quell'avverbio, eminentemente, era un errore di grammatica istituzionale: la missione europea è di per sé solo difensiva. Abbiamo convinto l'esecutivo a eliminarlo per evitare fraintendimenti». Fuori dall'aula, dopo il voto, i dem si congratulano tra loro scherzosamente: «Abbiamo riportato nell'alveo atlantico persino i grillini». Ma questo fa saltare la mosca al naso a Conte: «Noi non subiamo le pressioni di nessuno. Siamo noi ad aver portato il governo sulle nostre posizioni», afferma con un filo di megalomania. Poi, per dare una lezione agli alleati dem, spedisce il suo fido Ricciardi a fare un intervento che alla Duma di Mosca riceverebbe una standing ovation: passi per Aspides, ma basta aiuti all'Ucraina, che giammai deve entrare in Ue: «Vogliamo continuare a pensare che Putin è cattivo e da sconfiggere come Hitler, e noi siamo i buoni? Stiamo sbagliando». Dopo aver regalato l'Ucraina alla Russia, il clou: «Noi non siamo né per Biden né per Trump, ma non si vanno a fare inchini a Biden che mangia il gelato, come Meloni». In un angolo del Transatlantico, Elly Schlein fuma guardando il video dell'aula, e a chi le chiede cosa pensi del fatto che per i suoi alleati Trump valga quanto Biden replica: «Ho sentito. Non commento. Ma registro».
«Abbiamo costretto il governo a cambiare le regole d'ingaggio di Aspides», annuncia intanto il 5s Silvestri. «Regole d'ingaggio? Non sa di che parla, devono solo giustificare il cambio di posizione», replica Graziano.
Aggiunge l'ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini: «Che la missione fosse fin dall'inizio solo difensiva lo sanno pure i sassi. Sta scritto nel mandato del Consiglio europeo: purely defensive in nature». Ma l'inglese, si sa, non è un punto forte di Conte.
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