Roberto Dagospia è la coscienza critica di Sanremo. Anticipa le anticipazioni, presenta i presentatori, critica i leccazampe, esalta i critici, dà consistenza al gossip, sgonfia la retorica: sul suo sito Dagospia commenta, beffeggia, spiffera, ci racconta scena, proscenio e retroscena del festival.
D'Agostino: prima la Rai annuncia un video di Zelensky, poi arriva una bufera di polemiche, adesso non è un video ma una lettera; Mosca che si fa beffe del Festival e una cosa seria come la guerra diventa una mezza pagliacciata Cosa sta succedendo a Sanremo?
«L'ho scritto una settimana fa, il 1° febbraio, sul mio sito. Le demenziali polemiche sull'intervento di Zelensky a Sanremo sono arrivate all'orecchio dei funzionari di Kiev, e il presidente ucraino che pure è un ex comico e conosce le regole dello show è rimasto sbigottito. Nessuno ha mai preteso che il suo discorso fosse sottoposto a lettura da parte di un funzionario televisivo. Ma che roba è? Si è mai visto un direttore di rete che può esercitare una qualsiasi forma di controllo su un messaggio di un presidente di una nazione in guerra? Zelensky ha parlato all'Onu, alla notte degli Oscar, a Cannes, alla mostra del cinema di Venezia senza colpo ferire; però alla tv di Stato italiana vogliono sapere cosa dirà. Demenziale. Qualcuno dentro la Rai ha voluto sabotare l'evento».
E perché?
«Perché l'idea di portare Zelensky sul palco dell'Ariston è di un signore che si chiama Bruno Vespa, oggi accreditato come gran consigliori di Giorgia Meloni per le questioni Rai, e qualche nemico interno gli ha voluto fare lo sgambetto».
E adesso?
«Adesso Amadeus e Stefano Coletta, il direttore della prima serata Rai, invece di avere Zelensky si devono accontentare di Fedez... Il presidente di uno Stato in guerra, invaso e bombardato, aveva la possibilità di fare un legittimo appello in video, in prima persona, per chiedere aiuti militari ed economici, e invece se gli va bene può al massimo mandare una lettera... Dalla tragedia alla barzelletta».
La portavoce del ministero degli Esteri russo ha ironizzando sul mancato video del presidente ucraino. Ha detto: «Peccato per Zelensky, forse poteva vincere Sanremo».
«Siamo a un livello sotto la vergogna. C'è una guerra, neanche a troppi chilometri da qui, ci sono bombardamenti, morti, minacce nucleari, si poteva sfruttare un messaggio di pace, e questi stanno a ballare sul palco... Sembra la repubblica Weimar. Qui cantano, e là arrivano i nazisti... Pensa a Kiev cosa possono pensare... Saranno inferociti».
Amadeus ha detto che è più romantico leggere una lettera di Zelensky anziché mandare un video..
«Romantico?! Ma si rende conto? Ma stiamo parlando di una guerra! Non giochiamo con le parole. Posso farlo io, sul mio sito disgraziato, ma non la televisione di Stato... Senti, io la prima volta che sono andato a seguire il Festival di Sanremo era il 1978, ho fatto persino un Dopofestival... E ho capito una cosa in tutti questi anni. Il Festival peggio è, meglio è. Più riesci ad avere canzoni pessime, macchiette che salgono sul palco, stecche e polemiche, meglio funziona. A Sanremo adesso stanno festeggiando. il Festival rappresenta l'identità di un Paese fatto di paesi, dove il divertimento maggiore è lo struscio: c'è chi passeggia e si mette in mostra, e chi guarda e giudica.
Il Festival è quello: tu vai lì a farti guardare, io ti guardo e ti sbertuccio, tutto in tre minuti, il tempo di una canzone. Se porti solo belle persone, abiti eleganti e buoni brani, che divertimento c'è? Siamo un Paese di guardoni e pettegoli. E Sanremo è il Festival dei guardoni e dei pettegoli».
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