La recente condanna del sindaco di Milano Giuseppe Sala dice molto dell'Italia in cui viviamo. Al di là delle questioni tecniche, è evidente che siamo di fronte a un episodio che trae origine da un dilemma autentico: da un lato c'era l'obbligo di rispettare le norme (con il risultato che talune opere indispensabili alla realizzazione di Expo non sarebbero state pronte in tempo); dall'altro c'era il bisogno di dare risposte, anche a costo di correre qualche rischio. Quello che avvenne nel 2012, quando Sala falsificò l'atto di nomina di una commissione di gara, ci fa capire quanto sia difficile in Italia districarsi all'interno di regole che in molte situazioni tendono a bloccare tutto e talvolta sono pure in contraddizione tra loro. Ci fa capire, soprattutto, come sia assurdo un ordinamento che in nome del diritto sacrifica la giustizia. Al punto che spesso la situazione potrebbe essere riassunta con la seguente formula: «l'operazione è riuscita, il paziente è morto». In realtà, a Milano il paziente non è morto per nulla e anche se probabilmente si esagera nel ricondurre la recente ripresa del capoluogo lombardo alla vicenda di Expo, è pur vero che lavori utili alla città sono stati fatti e che quella vetrina ha mostrato al mondo una metropoli dinamica. Per i fautori di un diritto ormai sganciato dalla realtà, sarebbe stato meglio non fare nulla. E infatti è frequente il caso di amministratori pubblici che si sottraggono alle loro responsabilità pur di evitare scelte che, dato il quadro in cui ci muoviamo, potrebbero causare loro problemi. In questa situazione a essere sconfitta non è certo la criminalità (che naturalmente si muove perfettamente tra politici, leggi e tribunali), ma invece chi cerca di interpretare al meglio il proprio ruolo. Per giunta, in un quadro di regole tanto complesso e aperto a ogni esito è del tutto evidente che ogni intrapresa è scoraggiata. Proprio nei giorni scorsi una delle iniziative imprenditoriali più interessanti di Venezia è stata posta sotto sequestro sulla base di presupposti assai dubbi e, in sostanza, sulla base di normative legate all'ospitalità ordinaria che non dovrebbero però valere, a detta di molti, di fronte alle marine che ospitano yacht ormeggiati. Quando il sistema legislativo si fa tanto complesso, quando la libera iniziativa è così avversata, quando non è ben chiaro a nessuno amministratore pubblico o soggetto privato cosa si possa fare e cosa no, alla fine la strada migliore da seguire è quella dell'inazione. L'attuale sindaco di Milano può piacere oppure no, così come possono essere apprezzate o rigettate molte tesi della sua maggioranza.
Questo, però, ha poco a che fare con la condanna dell'altro giorno, che ci parla invece di un'Italia nemica di ogni attività: un Paese che preferisce affondare al riparo di regole irrazionali, dato che ha sottratto il diritto al suo rapporto con la realtà e ne ha fatto un orrendo feticcio.
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