"Salvaguardiamo i nostri prodotti. Ambientalisti ma non ideologici"

Il coordinatore azzurro critica anche l'idea del Nutriscore

"Salvaguardiamo i nostri prodotti. Ambientalisti ma non ideologici"

«Stimiamo il ministro Cingolani ma non vorremmo che il governo cadesse nella trappola di chi fa la guerra alla dieta mediterranea con il paravento dell'ambientalismo». In poche parole: Antonio Tajani continuerà a mangiare bistecche. «Con moderazione, ovviamente», scherza il coordinatore nazionale di Forza Italia pensando all'invito del ministro alla Transizione ecologica a «sostituire le proteine animali con le vegetali». Ma si fa serio quando si arriva a parlare degli interessi in gioco per l'Italia.

La suscettibilità dell'industria agroalimentare italiana alla frase del ministro è segno che si sente sotto attacco?

«Un attacco c'è. E su due fronti diversi».

Quali?

«Da un lato c'è un'offensiva contro il Made in Italy alimentare che sta rinforzando le sue posizioni con l'export. Una battaglia che dura da anni, sia negli Stati Uniti con i dazi che ci sono stati imposti, e che ora per fortuna sono sospesi, sia in Europa con una certa rigidità nell'imporre l'etichetta a semaforo che danneggia i nostri prodotti».

E l'altro fronte?

«È l'ambientalismo fondamentalista, per capirci quello simboleggiato da Greta Thunberg».

Forza Italia non è ambientalista?

«Certo che lo è. La cultura della sinistra ha partorito i casermoni, Berlusconi come imprenditore ha realizzato Milano 2 e Milano 3 che sono immerse nel verde. Il nostro ecologismo mette al centro l'uomo. L'ambiente deve essere al servizio dell'uomo, non può diventare una religione. E l'uomo deve preservarlo per tramandarlo alle future generazioni. Questo non significa legittimare un'industria che vuole deforestare l'Amazzonia, ma scommettere sul risparmio energetico, sulla difesa del suolo, sulla lotta all'inquinamento, ma in modo compatibile con lo sviluppo economico. Quando, da presidente del Parlamento europeo ho presentato la Terza rivoluzione industriale ho coinvolto Jeremy Rifkin. Ma era una politica a sostegno dell'economia, non per distruggerla».

A proposito di distruzione, le nostre aziende agroalimentari sono molto preoccupate per il Nutriscore, l'etichetta a semaforo che penalizzerebbe alcuni nostri prodotti

«Il Nutriscore risponde agli interessi di alcune multinazionali che infatti lo spingono. Ma è un sistema che impone un marchio penalizzante su alcuni cibi in modo irragionevole. Anche stare dodici ore sotto al sole può far male, ma nessuno si sognerebbe di negare che l'esposizione al sole ha effetti positivi. Dire in assoluto che la carne fa male è sbagliato: la soglia di rischio di consumo di carne bovina per l'Oms è 100 grammi al giorno, in Italia la media è 25. Non c'è bisogno di stravolgere il nostro modello culturale».

Che c'entra la cultura?

«La dieta mediterranea è la più equilibrata ed è parte della nostra cultura. Se qualcuno vuol mangiare insetti è libero di farlo ma non c'è motivo perché venga imposto a noi di stravolgere il nostro modo di vivere che discende da una lunga storia. Contadini e allevatori difendono l'ambiente meglio di una manifestazione politicizzata».

C'è chi marchia la lotta al Nutriscore come sovranista

«Al contrario, è una battaglia per la salvaguardia dell'identità europea e occidentale. Trump ha sbagliato a imporre i dazi e sono contento che Von Der Leyen e Biden abbiano concordato di sospenderli».

Credete che il governo abbia intenzione di seguire questo approccio?

«Noi siamo favorevoli alle politiche green, ma siamo in questo

governo anche per garantire che siano compatibili con la nostra identità di Paese agricolo e industriale. Mica possiamo fare come diceva Grillo, mettere un giardino al posto dell'Ilva. Quella era proprio una sciocchezza».

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