Abito blu, scarpe marroni (lucidissime). L'immancabile spilla di Alberto da Giussano, il vessillo della Lega. Un passo dietro a Giorgia Meloni. Doloroso. Sorriso smagliante, a tratti forzato, molta voglia di parlare. Resiste. Matteo Salvini è riuscito nell'impresa: riaffermare la sua leadership, messa in discussione dopo lo scarso risultato elettorale (poco più dell'8%), e incassare ministeri chiave nel nuovo governo a guida centrodestra. A guida Meloni. È stato lui stesso ad indicare il nome al Presidente Sergio Mattarella. L'ultimo ad arrivare al Quirinale insieme ai suoi due capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. «Pronti a prendere per mano il nostro splendido Paese». Ha scritto Salvini su facebook. Poche parole rilanciate dalla bestia ormai addomesticata. Le stesse utilizzate da Giorgia Meloni: «Pronti!» Anche i canali social del segretario del Carroccio seguono la linea del «basso profilo».
Nessuna soddisfazione ai cronisti appostati sotto il suo ufficio al Senato (noi compresi) a caccia di dichiarazioni. Nel pomeriggio spunta solo Lorenzo Fontana (non parla) e Massimiliano Romeo «la Lega ha unito il centrodestra» dice con soddisfazione. Il segretario si è autoimposto il silenzio. Una linea che, in questi giorni di trattative, ha pagato. Tanto. «La Lega pigliatutto» ironizzano tra i palazzi. L'elenco dei dicasteri è lungo. Sei nelle mani del Carroccio, compresa la Vicepresidenza del Consiglio. Quello dei Trasporti e delle Infrastrutture è riservato per lo stesso segretario che, nonostante le pressioni per lasciarlo ad altri, magari a Edoardo Rixi, lo ha preteso dopo il no al Viminale. «Glielo abbiamo detto in tutti i modi, prendi le Autonomie, fai una battaglia sul federalismo e riconquista il Nord - confida un parlamentare non riuscirai mai a raccogliere i frutti del tuo lavoro lì». Ma la tentazione di poter chiudere i porti e indossare il berretto della Guardia Costiera è troppo grande per Salvini ma non è detto che ci riesca. Il ministero del Mare affidato a Nello Musumeci potrebbe creare non pochi problemi. Sicuramente qualche interferenza che indispettisce Salvini. Al ministero del Mare, infatti, potrebbe confluire la delega, pesante, sugli scali marittimi, le Autorità di Sistema e sulla Navigazione. Ma ora è tempo di incassare.
Giancarlo Giorgetti va all'Economia. Si sa, i «nemici» è meglio tenerli vicini. Ma c'è posto per tutti, o quasi. Gianmarco Centinaio è fuori. Deluso. Il ministero dell'Interno va al Prefetto Matteo Piantedosi, quello per le Autonomie a Roberto Calderoli come risarcimento dopo la mancata elezione a Presidente del Senato. Poi c'è il ministero all'Istruzione e al Merito e quello alla Disabilità. Nessuno avrebbe scommesso su Matteo Salvini, neanche i suoi. E invece, Matteo Salvini, è riuscito a sorprendere tutti. Anche i leoni del Nord. Dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia fino alla Brianza dove soffia il vento della scissione. Nel vuoto anche le dure parole di Roberto Maroni che ha cercato, invano, di minare il percorso di Salvini invocando al più presto un nuovo congresso straordinario della Lega. Lo stesso Umberto Bossi ha deciso di intraprendere una battaglia contro il segretario. Una rivolta interna con il «Comitato del Nord». Ma gli è bastato tornare nel Palazzo per riporre nel cassetto il fazzoletto e la cravatta verdi.
E mentre Giorgia Meloni a favore di telecamera snocciola la lista dei ministri i leghisti a Roma assicurano: «Nessuno metterà in discussione la leadership di Matteo». E lui pensa già al ponte sullo Stretto: «È tra i miei obiettivi».
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