Salvini, ira su Colle e Ue. E subito si ributta in campagna elettorale

Lo sfogo del leghista con i suoi: "Non possiamo far scegliere i nostri ministri alla Merkel..."

Salvini, ira su Colle e Ue. E subito si ributta in campagna elettorale

Matteo Salvini chiude il tentativo di formare un governo e lancia la campagna elettorale all'insegna della lotta contro i poteri forti: «Se il governo deve partire condizionato dalle imposizioni o dalle minacce dell'Europa, il governo con la Lega non parte, noi abbiamo una sola parola».

Ci ha provato fino alla fine a fare un esecutivo, ma il veto posto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sul nome di Paolo Savona, e la sua indisponibilità a sostituirlo con un altro nome hanno chiuso ogni strada. Alle 20 l'annuncio del fallimento del tentativo giallo-verde. Il capo dello Stato non ha accettato il diktat della Lega sull'economista anti euro, quello che, ha ribadito Salvini, «se non sta simpatico a certi poteri forti che ci hanno massacrato, allora significa che è il ministro giusto». Per questo ha chiarito che se un giorno andrà a governare, lo porterà come ministro dell'Economia. Ciò che stava accadendo, si è capito dalle parole del leader del Carroccio, che ha parlato da Terni, in una sala gremita di gente riunita per il comizio elettorale: «Gli italiani vengono prima di tutto e per tornare a Roma c'è sempre tempo. Sono stato da Mattarella prima di venire da voi».

Un colloquio veloce con il capo dello Stato per provare a convincerlo sul nome di Savona. Subito dopo anche il tentativo di Luigi Di Maio, andato anch'esso a vuoto. Da Lega e Movimento 5 stelle i segnali di una fumata nera sono arrivati già nel pomeriggio. Ma la conferma, inequivocabile, sono state proprio le parole di Salvini: «Vi devo dire che abbiamo lavorato per settimane, giorno e notte, cercando di trovare un accordo sul programma, sulle cose da fare, per trasformare in realtà ciò che milioni di italiani ci hanno chiesto. Cancellare la Legge Fornero ha detto ancora e ridare dignità al lavoro, tagliare le tasse, fermare quella che è un'invasione in corso e nelle ultime ore è ripresa, introdurre il sacrosanto diritto alla legittima difesa». Ci hanno provato, ma il muro di gomma contro cui hanno rimbalzato era cosa prevedibile. A partire dai diktat europei. «Il premier incaricato ha detto ancora Salvini ha consegnato al presidente della Repubblica una lista dei ministri e non un elenco di idee, ma di nomi e cognomi di gente che avrebbe voluto trasformare in realtà quella che è la speranza di milioni di italiani. Però noi abbiamo un principio: per l'Italia e gli italiani decidono solo gli italiani, non i tedeschi, i francesi, i lussemburghesi, se siamo in democrazia». E poi la stoccata: «Noi abbiamo una sola parola: coerenza e coraggio. Teneteci per mano, ne avremo bisogno, servi di nessuno. O si lavora bene per dare un futuro ai nostri figli o rimane solo di restituire la parola agli italiani e chiedergli un mandato pieno per fare noi, da soli, quello che vogliamo fare». Da via Bellerio fanno sapere che proprio Salvini ieri avrebbe detto a qualcuno: «Il presidente Mattarella deve capire che per rispetto della volontà popolare spetta a noi indicare i ministri, non possiamo mica farli scegliere alla Merkel...».

Il segretario della Lega non cercava lo scontro, si dice, ma su Savona aveva chiarito da subito che non ci sarebbero stati margini di trattativa.

Ha mantenuto la parola e ieri ha cominciato, da subito, la sua nuova campagna elettorale: questa volta Matteo Salvini punta alla presidenza del Consiglio, ma per una poltrona tutta sua, non da spartire con grillini. Insomma, per lui non c'è altra soluzione, si torna al voto, come aveva annunciato, per buona pace dell'Europa.

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