Di fronte alla crisi di governo e all'immagine poco edificante che la politica trasmette, gli italiani trovano pochi punti fermi. Continuano a covare sentimenti di rabbia e protesta che però non trovano uno sbocco concreto. «Questa rabbia sociale ha una motivazione fondamentale: è la grande paura nel futuro, dettata da ragioni economico sociali dice Alessandro Campi, politologo e docente di Scienze Politiche all'Università di Perugia -. E non c'è forza politica che sia stata capace di intervenire con una proposta seria».
A parte la rabbia e la volubilità degli elettori, nessun partito pare granitico
«Abbiamo partiti che ormai non sono più tali, ma coacervi di gruppi d'interesse diversi, che convivono ma sempre in modo conflittuale. E, quando si deve governare, tutte queste anime impediscono una linea unitaria. Vale per il M5S come per il Pd, dove ci sono anche eccessi di personalismi».
E per Forza Italia?
«Nel caso di Forza Italia le cause sono diverse. C'è il problema di Berlusconi, un grande leader che ha costruito una nuova realtà politica ma che non riesce a trovare un'alternativa alla sua guida. E questo alimenta dei personalismi deteriori. Sono tutti lì in attesa che lasci e che venga il loro turno. Da Fini in poi è sempre la stessa storia. Un partito che nasce personale e morirà tale a meno che Berlusconi non trovi la forza di liberare la sua creatura e le energie che contiene sperando che possa camminare sulle sue gambe».
Si può parlare ancora di centrodestra oggi?
«Continua a essere una realtà in questo Paese ed è una cosa alla quale la sinistra non riesce a rassegnarsi. C'è una maggioranza moderata, antisinistra, populista, le definizioni sono tante. Ma avrà difficoltà a riaggregarsi».
Il baricentro si è spostato troppo a destra?
«È un problema sorto già quando venne fatta l'operazione aggregatrice del Popolo delle Libertà. Si diceva che se il Pdl non si fosse dato una struttura organizzativa solida, cioè non una Forza Italia allargata ma un nuovo partito di centrodestra, con una sua tavola dei valori in senso liberal popolare, liberal riformista, liberal conservatore, si sarebbe creata un'autostrada per la Lega. Sembrava una previsione fantasiosa».
Potrebbe nascere un altro polo moderato?
«Si parla di creare un'alternativa liberal riformista a Salvini, però è un processo lungo. Dopo che c'è stato questo capovolgimento dei rapporti di forza non è facile adesso riequilibrarli».
Berlusconi dopo le consultazioni ha parlato di un centrodestra che deve avere una chiara vocazione euroatlantica.
«Il punto è esattamente questo. Ho sentito l'altro giorno parlare la Gelmini di europeismo critico. L'euroatlantismo può essere visto come la salvaguardia degli interessi nazionali. Stare in Europa non significa consegnarsi ai burocrati di Bruxelles. Il vero sovranismo è rappresentare e far pesare i propri interessi strategici all'interno dei consessi internazionali. Il sovranismo non si difende ritirandosi e isolandosi. L'indicazione di Berlusconi è corretta. Serve una visione strategica di quello che l'Italia dev'essere. Quel perimetro delineato da Berlusconi è quello di una destra diversa da quella salviniana, ma è ancora da costruire».
Forza Italia, Lega e Fdi, secondo lei, torneranno a essere una coalizione solida?
«Come numeri, sì. Ma dipende da Salvini. Dovrebbe rivedere i suoi sogni da leader solitario. Non gli conviene politicamente. I governi di coalizione sono sempre i migliori.
Il centrodestra non è stata una formula effimera, ma una formula che ha funzionato per 20 anni, che ha mostrato una grande capacità di tenuta. Salvini dovrebbe tenerne conto, il movimentismo rischia di essere letale. Con un consenso così vasto dovrebbe approfittarne per fare un partito conservatore di massa come in Italia non c'è mai stato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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