L'onda lunga di Trump arriva da oltreoceano fino alla piccola Italia e galvanizza quella parte di politica che al tycoon americano guarda con interesse o addirittura ammirazione. Tra i supporter più accesi c'è certamente Matteo Salvini, uno che la sua simpatia per Trump non l'ha mai nascosta, anche se - racconta in Transatlantico Paolo Rossi, deputato dem di Varese - «l'unico che davvero credeva fermamente nella sua vittoria era Umberto Bossi». «Sei mesi fa - ricorda - lo diceva in Aula ad un gruppetto di parlamentari leghisti e loro lo guardavano come fosse un pazzo convinti che alla fine l'avrebbe spuntata la Clinton».
Previsioni a parte, non c'è dubbio che la Lega abbia investito politicamente molto su Trump, tanto che Salvini ieri è stato il primo a rivendicare la sua vicinanza al neopresidente americano. «Ci dispiace il silenzio assordante di persone come Berlusconi e Grillo, ora siamo certi che, all'italiana, saranno in tanti a salire sul carro dei vincitori», fa sapere polemicamente e con l'obiettivo legittimo di rivendicare il suo essere trumpiano della prima ora. D'altra parte, è proprio sfruttando la spinta della Brexit prima e della vittoria di Trump adesso, che Salvini sta pensando di rilanciare la sua corsa alla leadership del centrodestra. Un percorso che potrebbe iniziare sabato a Firenze, durante la manifestazione per il «No» al referendum organizzata da una Lega che nelle aspirazioni del suo segretario si prepara ad avere un profilo nazionale. Un passaggio delicato e che in tanti vedono con scetticismo: non solo chi dentro il Carroccio non vuole abbandonare lo spirito originario e identitario, ma anche chi fuori dalla Lega teme che una sua nazionalizzazione porti al Nord ad una emorragia di voti verso i Cinque stelle. Un timore che Salvini non ha, tanto che ieri - per la prima volta da mesi - ha affondato colpi proprio su Beppe Grillo.
Il segretario della Lega, insomma, vorrebbe ripartire dalla vittoria di Trump per lanciare sabato una sorta di coalizione trumpista e giocarsi la sua partita nazionale.
Non a caso Salvini già s'immagina candidato premier, tanto che parla apertamente di «una mia squadra di governo composta anche di persone che non sono della Lega» e «con un programma chiaro». Una sfida ambiziosa e complessa, il cui risultato è legato davvero a troppe incognite e potrebbe essere comunque compromesso a priori dal basso appeal di cui gode il leader del Carroccio da Roma in giù.
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