Chi è più antimafia, i grillini in «conflitto d'interessi» con il loro passato in toga o chi nel centrodestra cerca la verità? Gli strascichi della presunta spy story a base di dossier con al centro il tenente Gdf Pasquale Striano (nella foto) e l'ex pm Antonio Laudati secondo le indagini della Procura di Perugia scuote la commissione Antimafia guidata da Chiara Colosimo. Troppe le ombre che si addensano sull'ex procuratore nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, che per detta del suo ex braccio destro alla Dna Giovanni Russo (oggi al Dap) avrebbe saputo fin da fine 2019 (data di inizio del secondo governo di Giuseppe Conte a guida Pd-M5s) che Striano, nella duplice veste di cacciatore di Sos (segnalazioni di operazioni sospette) per conto di Dia e Guardia di Finanza avrebbe raccattatto informazioni sensibili anche su inchieste che non gli appartenevano e raccolto segnalazioni e spunti investigativi che finivano prima nei pc di giornalisti amici sul Domani di Carlo De Benedetti che in un fascicolo.
La segnalazione, di cui Russo ha ammesso la paternità, ritrovata in un cassetto dal successore di de Raho Giovanni Melillo e subito girata alla Procura di Perugia che indaga su Striano e Laudati, come anticipato dal Giornale, è arrivata in Antimafia, dove de Raho ha scelto di sedersi e da dove Fratelli d'Italia lo vorrebbero cacciare. «Alla luce di quanto sta emergendo, la posizione e l'operato di de Raho sollevano preoccupanti interrogativi sulla reale indipendenza e neutralità della sua condotta e dei suoi giudizi all'interno della Commissione, serve un passo indietro», dichiara il meloniano Saverio Congedo.
In soccorso di de Raho è piombato proprio Conte: «Lui e Roberto Scarpinato (sfiorato da un'indagine di Caltanissetta per alcune frasi dette al suo ex collega palermitani Gioacchino Natoli, indagato per aver insabbiato un'inchiesta) sono campioni antimafia che ci teniamo stretti, de Raho ha già chiarito che si tratta di calunnie, di attacchi politici sguaiati e strumentali. Si dimetta piuttosto la Colosimo, legata a un terrorista e con uno zio coinvolto con le cosche calabresi», sibila l'ex premier. «Conte intorbidisce le acque, uno dei suoi due eroi potrebbe aver omesso il losco affaire degli spioni», è la controreplica di Fdi, che parla di «vittimismo di circostanza». «Dalla Colosimo un lavoro rigoroso, i grillini che si autoassolvono studino le carte», ribadisce Maurizio Gasparri di Forza Italia.
Intanto la Lega ha presentato alla Camera e al Senato un ddl per punire la compravendita di dossier e il mercimonio della privacy altrui firmati da Erika Stefani e dall'ex magistrato Simonetta Matone.
Due anni di carcere per «chiunque duplica, importa, distribuisce, vende, cede, diffonde o divulga, detiene a scopo commerciale, imprenditoriale, dare o promettere utilità o altri vantaggi, oppure diffonde, pubblicizza o faccia comunque uso di dati o informazioni da sistemi informatici violati», pena aumentata da tre a dieci anni se si è un pubblico ufficiale e/o «i dati o le informazioni sono di interesse pubblico o militare, relativi a ordine o sicurezza pubblica, sanità, protezione civile».
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