"Sarà un sovrano più vicino e famigliare"

Il giornalista: "È intelligente, preparato e polemico. Dovrà imparare a conciliare"

"Sarà un sovrano più vicino e famigliare"

Dopo essersi occupato della monarchia britannica per anni, sia come storico corrispondente Rai da Londra, sia in una serie di libri (fra i tanti, Il romanzo dei Windsor, Royal baby, William & Harry...), Antonio Caprarica non poteva non «analizzare» il nuovo Re. Lo fa nel suo Carlo III. Il destino della corona (come sempre Sperling & Kupfer, pagg. 336, euro 19,90), in cui vuole «raccontare Carlo per quello che è, al di fuori dei pregiudizi».

Non è facile...

«Certo si parte da un pregiudizio gigantesco come un grattacielo, ma era corretto riconoscere le sue tante sfaccettature, e non solo elencare i suoi maggiori difetti».

Il peggiore?

«Il più ricordato è quello che David Cannadine, autorevole storico dell'aristocrazia britannica, descrive così: È una specie di gentiluomo di campagna del diciottesimo secolo nato duecento anni troppo tardi. Al di là di inganni, tradimenti e adulterii, questo è il suo maggiore difetto, dal punto di vista politico: è caratterialmente un passatista, che guarda con preferenza al passato e alla tradizione e con diffidenza alla modernità».

Però da anni si batte per l'ambiente.

«Questo è in linea con il suo essere conservatore ma, anche, con il suo essere contraddittorio: infatti è detestato sia dagli estremisti conservatori, sia da quelli laburisti. Quindi è un conservatore, con delle intuizioni che, oggi, sono rivendicate dai progressisti; ed è anche quello che, in America, si definisce un conservatore compassionevole, attento agli ultimi e ai deboli, come è emerso nel suo messaggio natalizio».

Non è normale che un re sia passatista?

«Infatti non è qualcosa di negativo. Non può non esserlo. D'altra parte è un sovrano intelligente, il più preparato e colto sul trono inglese dai tempi di Albert, consorte della Regina Vittoria. I problemi li conosce, li studia, ci riflette, legge...»

Sarà un sovrano diverso?

«Il mestiere del re è quello di essere un figurante con la corona, che non ha poteri reali ma può esercitare quello che si definisce il soft power. Elisabetta lo esercitava in modo ieratico; Carlo, che non ha quello status, tenta di superare quella distanza fra Elisabetta e i sudditi e di presentarsi come un sovrano che difende la tradizione, calata però nella modernità».

Come?

«Per esempio ricerca alleanze con gruppi sociali che in passato erano tagliati fuori. L'aristocrazia mugugna perché, all'incoronazione a Westminster, saranno presenti solo una quarantina di nobili ereditari, mentre Carlo ha invitato mille persone dal mondo del terziario, del volontariato e dei servizi pubblici. È una sfida».

Del resto lo chiamavano «principe ribelle» e «impiccione».

«Ha litigato con gli architetti, con la Thatcher, con Blair... Si è inimicato tutti. Ora dovrà prevalere l'istinto a conciliare. Da principe, di fronte alle polemiche sostenne di essere un normale cittadino che ha diritto a esprimere la sua opinione; da re saprà ben restare entro i suoi limiti e i suoi doveri, anche se potrà comunque far valere le sue convinzioni, come sull'ambiente».

Che stile avrà?

«Si è già visto. Per settant'anni è stato impossibile avvicinarsi a Elisabetta o sfiorarla; Carlo va per strada e si lascia baciare e abbracciare: pur mantenendo la memoria della madre, che è il talismano della monarchia, sta cercando di metterci del suo, con uno stile più famigliare e accogliente, disponibile al dialogo».

Ci sorprenderà?

«Carlo è anziano, gravato dall'ombra della prima moglie che Harry non smette di mettergli fra i piedi continuamente, quindi non possiamo aspettarci un trionfo di popolarità. Non è un raggio di speranza, come fu Elisabetta: è un re di esperienza in un Paese afflitto da una grave crisi economica, politica e di identità. Ma, come spesso accade nei regni di transizione, potrebbe sorprenderci e lasciare il segno».

In che modo?

«Se riuscirà a rendere la monarchia più accessibile e a rinnovare il patto con i sudditi, allora sarà stato capace di

conservare il trono, per sé e per il figlio: è lui il vero futuro e, ancora di più, lo è la moglie Catherine, che sarà la prima borghese a sedere sul trono. Da Vittoria in poi, sono sempre le donne a salvare la dinastia...»

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